@LangeriAngeleri

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Ci sono ragazzi che prendono il motorino per andare al liceo perché abitano lontano e gli autobus non passano mai. Ci sono papà che prendono lo scooter, caricano il figlio sulla sella e lo portano a scuola e poi corrono in ufficio in centro oppure in chissà quali palazzine dell'Eur o della Tiburtina. Ci sono uomini che ogni mattina accendono la loro moto e partono da case di periferia per attraversare Roma, sfidare il Raccordo, la Salaria, la Pontina, l'Aurelia, la Colombo e la Nomentana. Perché a Roma andare in moto non è una scelta, non è un divertimento e nemmeno una passione. Per molti, troppi, è una scelta obbligata. Perché le linee metro sono due e mezzo e la sera chiudono presto. Perché gli autobus passano quando vogliono. Perché l'auto è costosa, il parcheggio non c'è, il centro è offlimits. Roma obbliga molti romani a muoversi in moto per poter andare a lavoro, andare a fare la spesa, in banca, l'appuntamento con il proprio amore, una partita a calcetto, oppure correre a scuola a vedere la recita dei figli o allo stadio a vedere Totti o Klose. Ma su quel motorino in troppi ci lasciano la vita: una delle tante buche, una pozza d'acqua per un tombino non pulito, la frenata improvvisa di un camion, un automobilista ubriaco, un anziano distratto, la manovra incosciente di un bastardo. E in un attimo tutto finisce... L'amore. I figli. Il lavoro. Gli amici. È successo dopo Roma-Bayern a Stefano e suo figlio Cristian. È successo sabato notte ad un ragazzo di 23 anni in largo Preneste. E succederà maledettamente ancora. Perché questa è la maledizione di Roma.

davide.desario@ilmessaggero.it Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero