Johnny Depp: «Il segreto per fare il cattivo? Cercare di capirne le ragioni»

La pioggia flagella il Lido, la temperatura è precipitata eppure loro, gli irriducibili del red carpet, fin dal mattino si erano accampati sotto gli ombrelli in attesa del...

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La pioggia flagella il Lido, la temperatura è precipitata eppure loro, gli irriducibili del red carpet, fin dal mattino si erano accampati sotto gli ombrelli in attesa del loro idolo: Johnny Depp, 56 anni, tornato in grande stile sullo schermo dopo mesi passati a difendersi dalle accuse di violenza domestica dell’ex moglie Amber Heard e dal rischio che la sua immagine ne uscisse demolita.

Tanto che proprio qui a Venezia sono spuntati cartelli con su scritto “Justice for Johnny Depp”, “Giustizia per Johnny Depp”. 
Sorridente, completo azzurro, diamante al lobo destro e tre spille da balia infilate nel sinistro, l’attore ha accompagnato alla Mostra Waiting for the Barbarians.

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Il film, diretto dal regista colombiano Ciro Guerra, è ispirato al romanzo omonimo del premio Nobel J. M. Coetzee. Ambientato in una fortezza al confine di un impero immaginario, racconta la crisi di coscienza del magistrato (l’attore premio Oscar Mark Rylance) che, posto a sorvegliare i ”barbari”, finisce per ribellarsi al regime. Occhiali da sole e zero emozioni, Depp è invece un sadico colonnello che interroga e tortura i prigionieri. 

I barbari come i profughi: pensa che questa storia abbia degli agganci con l’attualità? 
«Non c’è dubbio. È un’allegoria del presente perché è tutta costruita intorno all’idea del potere che oggi non ha limiti: decide chi deve andare avanti e chi va scartato perché non risulta indispensabile. Il film affronta argomenti così forti e così vicini a noi che quasi non riesco a parlarne». 

Ancora una volta, lei interpreta un cattivo. C’è più gusto? 
«È sicuramente molto interessante, per un attore, confrontarsi con i personaggi poco edificanti. I cattivi sembrano persone come tutte le altre: al mattino si svegliano, si alzano e si lavano senza programmare azioni scellerate. Insomma, non si dicono “oggi sarò il più cattivo del mondo”. Io mi domando sempre le ragioni che sono alla base dei comportamenti negativi». 

Lo ha fatto anche quando ha girato il film di Guerra?
«Mi sono chiesto come si diventa un uomo come il colonnello, com’è arrivato in quel luogo e perché si comporta così. Magari, dietro la mancanza di emozioni, si nasconde un bambino spezzato, manipolato dai genitori. Il mio personaggio ha eretto dei muri di protezione intorno a sé per sfuggire ai sentimenti. Io ho cercato di penetrare la sua corazza per scoprire che anche lui è una vittima del sistema. Siamo tutti degli esseri umani». 

Pochi giorni fa al Lido c’era sua figlia Lily-Rose Depp, protagonista del film The King”. Come giudica la sua carriera?
«La trovo fantastica e se penso al suo percorso mi viene da sorridere. Quand’era piccola veniva spesso con me sul set e vederla ora, così giovane, mentre presenta con dignità e professionalità il suo lavoro di attrice, mi fa sentire fiero di lei. Avrebbe potuto girare dei film facili, pagata moltissimo, invece ha scelto sempre la qualità. E io sto dalla sua parte. I miei figli sono le mie divinità». 

“Waiting for the Barbarians” è prodotto dalla società italiana Iervolino Entertainement. Che rapporto ha con il nostro Paese? 

«Lo adoro, ovviamente. Tutti sono simpatici, si mangia benissimo e io, ogni tanto, mi faccio un goccio». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero