IL PERSONAGGIO GUBBIO Tra il sogno e la realtà che non tornerà. Ha

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IL PERSONAGGIO GUBBIO Tra il sogno e la realtà che non tornerà. Ha deciso di immaginarla sperando di rivederla e la vorrebbe così, perché Pietro Nardelli alla ferrovia non ha...

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IL PERSONAGGIO
GUBBIO Tra il sogno e la realtà che non tornerà. Ha deciso di immaginarla sperando di rivederla e la vorrebbe così, perché Pietro Nardelli alla ferrovia non ha mai rinunciato. Gli passava a un metro da casa, perciò ci mette l'anima il rigattiere con la mano dell'artista, che in via Perugina lavora spesso e volentieri nello spazio davanti la storica bottega sotto gli occhi di tanti curiosi che si fermano a guardare. Fantasia, spirito e volontà l'hanno portato a realizzare due opere dedicate a un pezzo di storia che Gubbio non vorrebbe dimenticare, ispirate alla stazione ferroviaria e a quella tratta che attraversava la via centrale alle porte del centro e che non c'è più da quando venne distrutta nella seconda guerra mondiale senza mai essere ricostruita tra rimpianti e polemiche soprattutto per i fallimenti della politica locale nel rivendicarla. Il bassorilievo, con preparato a base di stucco e su tela di sacco, suscita davvero curiosità ed emozioni tra la ricostruzione del contesto, l'immaginario, i colori e i soliti religiosi che nella forma tutta particolare animano e abitano le opere di Nardelli. Colpisce quest'ultima delle due opere dedicate alla linea che fu, con il ritratto in particolare di due treni pronti a passare l'uno dopo l'altro. Un treno è Italo, ovvero un convoglio moderno e veloce, che transita nel tratto da via Beniamino Ubaldi davanti al centro direzionale Prato fino ad attraversare la via dove si scorge nei pressi la chiesa della Madonna del Prato. «Non ce l'hanno mai restituita la ferrovia - racconta -, penso che sia un segno di impotenza e vergogna per una città come Gubbio privata di un servizio essenziale. Ho voluto vederla in un certo modo, inserendo perfino gli orari del passaggio verso Roma se il treno fosse transitato da qui». La prima opera ha fissato la vecchia linea sotto la città ben visibile ai piedi del monte Ingino, mentre quest'ultima si sofferma sul particolare facendo muovere la fantasia.

Massimo Boccucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Messaggero