Iene e Neanderthal, i segreti del Circeo

Iene e Neanderthal, i segreti del Circeo
Era il 1939 quando il cavalier Alessandro Guattari entrò nella grotta ai piedi del monte Circeo riemersa durante i lavori di rimozione di una antichissima frana. E'...

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Era il 1939 quando il cavalier Alessandro Guattari entrò nella grotta ai piedi del monte Circeo riemersa durante i lavori di rimozione di una antichissima frana. E' lì che dopo decine di migliaia di anni tornò alla luce un cranio umano appartenuto a un uomo neanderthaliano. Quella scoperta ha fatto della Grotta Guattari uno dei siti paleontologici più importanti d'Italia. Ma quello che è tornato alla luce in questi ultimi tre anni di scavi rende questo sito ancora più eccezionale. Otto decadi dopo sono riemersi dall'antro a due passi dal porto del Circeo i resti di altri sei neanderthaliani e una miriade di reperti umani e animali che stanno aiutando gli studiosi a ricostruire i segreti dei Neanderthal.

«La novità è che l'uomo viveva all'esterno e non dentro la grotta e i reperti che abbiamo trovato ci aiutano a capire come è stato vissuto questo luogo, quale era l'habitat, le piante, il clima, cosa si mangiava» racconta Gilda Iadicicco, conservatrice dei Beni Culturali e curatrice del libro Grotta Guattari, 80 anni dopo la scoperta, presentato ieri al Circeo. Ormai sappiamo che qui i neanderthaliani non mangiavano solo carne ma anche verdure. «Hanno avuto la capacità di adattarsi al territorio - racconta Mauro Rubini, antropologo e funzionario della Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio - Questo luogo li ha protetti e qui sono rimasti più a lungo. Era il buen retiro dei Neandhertal. Anzi, mi piace pensare che il Circeo avesse una popolazione cosmopolita, e, visto che a Ventotene, qui vicino è nata l'Europa, che qui al Circeo sia nato il primo parlamento neanderthaliano».

Ce lo diranno le indagini sul dna dei reperti che sono in corso in un laboratorio europeo. «Ci vorrà tempo e non possiamo anticipare nulla» aggiunge la Iadicicco. Ma intanto l'archeologo della Soprintendenza Francesco Di Mario, e il consulente scientifico del sito Mario Federico Rolfo hanno svelato come è stato possibile, scavando, andare indietro nel tempo. Le prime ossa a saltare fuori sono state quelle delle iene. Non gli animali che conosciamo oggi, ma quelli del pleistocene, molto più grandi, molto più cattivi, molto più voraci. Sono state loro a portare dentro la grotta i resti umani e animali delle prede che avevano cacciato e ucciso. Scavando con grande cautela - ieri lo ha raccontato bene l'archeologa Angelica Ferracci - sono riemersi sotto un primo strato di concrezioni migliaia di reperti di ossa sgranocchiate dalle iene e appartenute a una decina di specie animali. Scavando ancora, a fine 2020, sono arrivati i reperti umani.


«I primi tempi ci tremavano le mani - racconta Rolfo - E' stato come andare sulle montagne russe, gioie e dolori». Come quando è stato trovato il cranio di Pina, o quando la grotta si è completamente allagata rischiando di far perdere tutto il lavoro di scavo. «Qui c'è un patrimonio unico, perché la grotta Guattari racconta una storia anche se limitata nel tempo, tra i 125 mila e i 57 mila anni fa - spiega Rolfo - Il primo ad uscire di scena è stato l'uomo di Neanderthal, poi intorno ai ventimila anni esce di scena anche la iena. I nuovi attori di questa commedia umana sono l'uomo Sapiens e il lupo, speriamo di potervi raccontare un giorno anche questa storia». Nel Lazio fino ad oggi in sedici siti paleontologici erano stati trovati una ventina di reperti. «Qui li abbiamo triplicati - sorride Rolfo - l'abbiamo combinata grossa».


Peccato che visitare questo tesoro non sarà semplice. «Il sito è fragile e va preservato» ha spiegato Di Mario e in più gli scavi, compatibilmente con i fondi a disposizione, proseguiranno. Dunque bisognerà avere pazienza.
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Il Messaggero