ROMA Si poteva fare una legge per cambiare le regole della legittima difesa. E, invece, dice Francesco Paolo Sisto, la normativa è rimasta la stessa e, ciclicamente,...
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Onorevole, è giusto che questo poliziotto che, tra l’altro, girava con la pistola addosso per seguire specifiche disposizioni, finisca indagato?
«Come avvocato penalista devo dirle che prima di tutto è fondamentale la conoscenza degli atti. Per capire se l’iscrizione al registro degli indagati con questo reato è stata davvero giusta, mi rimetto alla saggezza del pubblico ministero. La capacità di calibrare tra elementi diversi è essenziale, è possibile che l’iscrizione sia solo uno strumento di tutela della parte o che ci siano fatti che non conosciamo. Magari dopo gli accertamenti sarà chiesta l’archiviazione. In ogni caso, però, non possiamo non ammettere che una norma per migliorare questa situazione è indispensabile perché oggi, a conti fatti, il conto più salato lo paga chi si difende e non chi commette reati».
Bisogna intervenire sulla legge attuale come avete provato a fare a maggio, dice lei?
«Come ha sostenuto anche la Corte costituzionale, il diritto vivente si fonda sull’evoluzione della storia. Dobbiamo adeguare la norma ai fatti, alla società che avanza e si trasforma. Non è possibile che il parlamento imponga una sua lettura distorta del presente alla collettività, come è avvenuto oggi (ieri ndr) con la riforma del processo penale. Per la legge sulla legittima difesa c’è una storia, ci sono dei fatti, una realtà concreta che ogni giorno chiede di intervenire e privilegiare chi si difende rispetto a chi offende».
Lei dice che l’Italia è cambiata e che quindi va cambiata la legge?
«Quando l’economia è in difficoltà, quando è costante la crescita dei bisogni e appare esserci una maggiore disponibilità alla violenza da parte di tutti, il legislatore deve porsi il problema di intervenire. In passato, parlo ad esempio degli anni ‘90, le aggressioni a mano armata erano più rare e in ogni caso difficilmente veniva coinvolta una persona terza. Quando ho cominciato a fare il penalista le rapine erano pochissime, oggi sono all’ordine del giorno. Di fronte a questa realtà è normale che il cittadino cerchi strumenti di difesa ulteriori».
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Il Messaggero