Gli attori sperano «Ma solo da giugno»

Gli attori sperano «Ma solo da giugno»
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GLI ARTISTI
Ma intanto cosa ne pensano i professionisti? E come se l'è cavata chi di teatro vive? Quello che emerge, ascoltando gli artisti locali, è che i lavoratori dello spettacolo - spesso nemmeno considerati tali - sarebbero rimasti quasi nel dimenticatoio se non fosse stato per la comunità che intorno al teatro stesso si è creata. Perché si generano rapporti, si crea una rete, oltre che cultura. Lo sottolinea Maria Elena Lazzarotto di Botteghe Invisibili: «La solidarietà umana è stata importantissima e proseguire il nostro lavoro online, seppure con linguaggi diversi e riadattati, è stato per noi salvifico. Non neghiamo, comunque, che ci siano stati momenti di difficoltà economica. Certo la prospettiva di una riapertura fa piacere, ma il pensiero va da giugno in poi». Anche Valentina Pacchiele, attrice pontina con collaborazioni a Roma, sulla stessa linea: «Un periodo estenuante, molte realtà hanno chiuso i battenti e qualcuno ha dovuto cambiare lavoro, altri si sono rimessi a studiare per entrare nel mondo della scuola; un collega si è messo a fare il muratore per mantenere la famiglia. Psicologicamente siamo a pezzi e la pandemia ha livellato più o meno tutti, anche chi lavorava ad alti livelli è stato colpito dalla crisi».

Sul lato sindacale, va detto che è in atto una battaglia per i diritti non riconosciuti ai lavoratori dello spettacolo: si punta alla costituzione di un organismo di categoria e delle problematiche si sta occupando la Feditart (Federazione italiana artisti): l'attenzione è alta e tutti gli artisti pontini menzionano la necessità di un riconoscimento. La pandemia ha messo a rischio il nostro enorme patrimonio culturale. I teatri sono ormai chiusi da mesi e con la stagione invernale il settore ha avuto uno stop anche per quel che riguarda gli spettacoli all'aperto e i laboratori, alcuni dei quali hanno potuto sopravvivere soltanto grazie alle piattaforme online. Zahira Silvestri di Opera Prima lo sottolinea: «Il teatro è rimasto chiuso come luogo fisico, ma noi come tante altre compagnie, non abbiamo mai interrotto il nostro progetto culturale, che abbiamo riadattato al video: non ci siamo mai fermati e ringraziamo la nostra comunità che ci è sempre stata vicina e ci ha sostenuto anche economicamente. Come compagnia abbiamo infatti il privilegio della gestione autonoma di uno spazio, ma questo rappresenta anche un onere: sentiamo la responsabilità della salute nostra e del pubblico e gli oneri sono anche di tipo economico e fiscale, grazie anche ai nostri soci siamo riuscite a non saltare nessuna rata dell'affitto. Va detto che i teatri sono tra i luoghi più sicuri: attuiamo rigidi protocolli, continue sanificazioni e controlli sui lavoratori».

Sulla possibile riapertura del 27: «Un raggio di sole in lontananza». Anche il regista pontino Renato Chiocca, con uno sguardo sul panorama nazionale, riflette: «Senza volontà polemica, sembra più una concessione l'apertura degli spazi perché continua a non esserci una reale prospettiva. Pensiamo ai circuiti nazionali: con le zone a colori diventa difficile riattivare produzioni e distribuzioni e non c'è possibilità di programmazione; si potranno fare eventi isolati. Per il cinema c'è poi il problema del coprifuoco: tutti gli spettacoli saranno pomeridiani?».
Stefania Belmonte
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Messaggero