Francesco Rutelli: «Troppi i cortei a Roma, nuove regole e più fondi»

Francesco Rutelli: «Troppi i cortei a Roma, nuove regole e più fondi»
Francesco Rutelli, sabato scorso la Capitale è stata paralizzata da cinque manifestazioni con l’antifascismo protagonista. Insomma, cambiano i sindaci e passano i...

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Francesco Rutelli, sabato scorso la Capitale è stata paralizzata da cinque manifestazioni con l’antifascismo protagonista. Insomma, cambiano i sindaci e passano i decenni ma la storia si ripete. Non sarebbe ora di voltare pagina?

«Sì, in generale serve un approccio moderno. Ma quanto è accaduto merita almeno tre riflessioni distinte».
Iniziamo dalla prima, cosa ne pensa del corteo dell’Anpi, Cgil, Pd e sinistra?
«Allora, serve una premessa: in tempi in cui la gente tende a non impegnarsi, non bisogna soffocare la voglia di esprimersi della nostra società civile, anzi. Anche perché ormai è sempre più rara».
Già, il dibattito pubblico si è spostato sul web, con tutti i limiti che ne derivano.
«Esatto, io fui un sindaco analogico, ora bisogna misurarsi con la realtà digitale. Lo spazio pubblico è importante, ma si è trasferito sulla rete, dove la diffamazione, gli insulti, le fake news imperversano. Anche in questi nuovi luoghi servono controlli come nelle manifestazioni reali, tipo quella di sabato».
Che però sembrava avere lo sguardo sempre rivolto al passato o no? 
«Ovviamente nessuno mette in discussione il valore dell’antifascismo in Italia, ma se pensiamo che sabato era l’ultimo sabato della campagna elettorale mi faccio una domanda».
Quale?
«All’inizio della campagna qualcuno avrebbe immaginato una mobilitazione finale sull’antifascismo?».
Lei cosa avrebbe proposto?
«Per interpretare le priorità degli italiani, forse il centrosinistra avrebbe potuto organizzare in tutta Italia grandi iniziative sul lavoro, sui giovani e la cultura o sull’ambiente. Che so: pensi all’impatto di centomila persone in bicicletta per un’agenda concreta per la green economy».
Ma c’erano stati i fatti di Macerata a scuotere l’opinione pubblica.
«Sì, per un momento c’è stato il pericolo che il gesto di un fascista pazzo e delinquente, come quel Traini, monopolizzasse il dibattito pubblico e non solo, ma fortunatamente il lavoro delle forze dell’ordine è stato eccellente e il buon senso degli italiani ha prevalso. Rimangono sullo sfondo le priorità, le grandi sfide attese dal Paese».
Il dibattito di questi giorni sull’antifascismo che sintomo è in vista delle elezioni di domenica?
«Sicuramente è la spia di una campagna che finora è stata molto debole sui contenuti concreti, al di là degli annunci».
E poi c’è Roma, in balìa dei cortei. C’è chi propone di spostarli in periferia, lei è d’accordo?
«No, altrimenti Roma rinuncerebbe al ruolo di Capitale. Anzi, è naturale che il centro storico, con i suoi Palazzi del potere, sia un luogo davanti a cui manifestare. Vedo però un rito che si ripete in maniera un po’ stanca: i residenti prigionieri nel Tridente, i blocchi in via Cavour...».
I commercianti costretti a chiudere... 
«Per la gioia dei centri commerciali in periferia, certo».
Quindi, Rutelli, Roma è condannata a «essere ostaggio di gruppi egoisti», come sostiene Dacia Maraini?
«Serve una regolamentazione più avanzata e innovativa: il diritto a manifestare non può portare alla paralisi della città. Bisognerebbe, inoltre, attivare delle compensazioni da parte del Governo per questo motivo. Cioè investimenti per le opere pubbliche, la manutenzione della città, indennizzi per i danni, se ripetuti, al commercio e alle attività produttive del centro. Il disagio va affrontato con modernità da parte delle istituzioni».
Il Governo stanzia per Roma ogni anno 110 milioni per gli extracosti funzionali al ruolo di Capitale. Pochi?
«Il governo francese ha messo sul tavolo per le nuove linee su ferro e metro di Parigi 38,5 miliardi di euro».
Insomma, lei dice: il disturbo di Roma e dei romani dovrebbe essere indennizzato con norme ad hoc, giusto?
«L’ultimo investimento strutturale sulla Capitale è targato Giubileo del 2000. Quello della misericordia ha portato solo alla misericordia invocata dagli automobilisti quando passano da piazza Venezia, visti risultati dei lavori per l’ultimo Anno Santo».
Da Gentiloni a Tajani, passando per Meloni, Calenda, Raggi: la politica torna a essere romanocentrica. Sarà la volta buona?
«Roma è il termometro della Nazione e mi auguro che il prossimo Governo adotti misure concrete per la Capitale e per le 4,3 milioni di persone che vivono nella città metropolitana. Ci sono due occasioni in vista da valorizzare».
Ovvero?

«I 150 anni della Breccia di Porta Pia, nel 2020 e l’anno dopo, i 150 anni della proclamazione di Roma Capitale dell’Italia unita».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero