Pressata da un’ondata di vendite che in quaranta giorni ha bruciato il 40% del valore di Borsa, Deutsche Bank ha deciso di correre ai ripari onde evitare il tracollo....
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Di fronte a tale prospettiva, il titolo Deutsche Bank ieri è fortemente rimbalzato, fino a consolidare un guadagno del 10%, che però probabilmente non basterà a rassicurare il mercato. Non a caso è sceso in campo - fatto straordinario - il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, assicurando che «non ci sono timori per la solidità dell’istituto». Nè basteranno le parole di conforto che il co-amministratore delegato della banca, John Cryan, ha indirizzato ai dipendenti chiedendo loro di comunicare «ai clienti che Deutsche Bank resta assolutamente e fondamentalmente solida, data la sua forte posizione in tema di capitale e di rischi». Avverte inoltre Cryan che per alleggerire il peso dei crediti in sofferenza, «molto probabilmente verranno aumentati gli accantonamenti nel corso dell'anno». Dunque, secchiate di ghiaccio su un fuoco ardente.
LIQUIDITÀ NEL MIRINO E tuttavia, il mercato sa che il problema vero di Deutsche Bank non sono le sofferenze, bensì l’ingente quantità di titoli tossici di cui è gonfio il suo portafoglio, parte dei quali sono lì fin dai tempi di Lehman Brothers. È pur vero che, come sostiene il Financial Times, Deutsche Bank non avrà problemi a lanciare il buy back miliardario - fosse anche dell’entità di 10 miliardi - visto che dichiara riserve liquide per 220 miliardi; è altresì vero che nessun analista è oggi in grado di indicare l’esatto grado di rischio sotto il quale classificare il portafoglio di «terzo livello» della banca tedesca. Queste attività finanziarie, cosiddette appunto di terzo livello (level 3 assets), sono infatti prive di un prezzo di mercato e generalmente valutate dalle banche in modo del tutto arbitrario.
Per comprendere il significato di ciò, basti ricordare che nel commentare gli esiti inspiegabilmente punitivi per gli istituti italiani degli stress test elaborati dalla Bce nel 2014, il governatore Ignazio Visco dichiarò: «L’analisi sulle attività finanziarie di terzo livello è stata meno approfondita di quella effettuata per l’attività creditizia, anche in ragione della elevata complessità di queste esposizioni. Gli impatti sul capitale delle banche sono conseguentemente risultati molto più bassi rispetto a quelli derivanti dall’analisi dei crediti». Cioè a dire che si tratta di attività difficili da valutare, quindi non pesano più che tanto sul patrimonio. Nonostante le difficoltà valutative, c’è però chi una stima di massima di quel rischio, basandosi sui dati ufficiali di bilancio, è riuscito a indicarla.
Da un raffronto tra i principali istituti europei elaborato da R&S Mediobanca (si veda l’articolo in basso) emerge con chiarezza che quanto a incidenza del portafoglio titoli tossici sul patrimonio netto tangibile, solo Credit Suisse e Barclays stanno peggio di Deutsche Bank, il cui peso (51%) è di gran lunga superiore a quello denunciato dalle italiane Intesa (17%) e Unicredit (11%).
Il Messaggero