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Non era difficile incontrarlo per le strade di Borgo Podgora, Chiesuola e Borgo Carso. Sono i luoghi che Antonio Pennacchi frequentava di più, per lui erano casa. I borghi orfani. Quegli stessi luoghi, ieri, erano orfani di un amico, di un vicino di casa, del personaggio che aveva portato in alto zone spesso dimenticate dai più ma non da chi le abita e frequenta; da chi è stato accolto e ora è parte di una comunità che vanta una lunga tradizione e condivide valori autentici. Una sensazione descritta bene da Mauro Santarello, titolare del supermarket di Strada Podgora, alle porte del borgo: «Se n'è andato uno di noi. Lo vedevi camminare ultimamente un po' meno, forse per il caldo e per il covid con l'immancabile bastone, il berretto e la sciarpetta rossa intorno al collo. Era una persona normale: chi è cresciuto al borgo era abituato alla sua presenza. Se n'è andato un pezzo importante della comunità, i suoi libri sono stati motivo di orgoglio per tutti noi».
Lo scrittore potevi vederlo camminare per strada, oppure la sera prendere l'acqua alla fontanella della Chiesuola, come molti residenti e automobilisti di passaggio, che sanno che da lì sgorga la famosa acqua di Ninfa.
Al Fogolar andava spesso: era affezionato al ristorante della famiglia Sottile, che dal 1949 gestisce il locale: lì aveva festeggiato le sue nozze e tutte le occasioni importanti, come il 60° compleanno. «Siamo affranti, era un amico di famiglia racconta la signora Edda Franchi C'era un bel rapporto, da noi veniva sempre e l'ultima volta pochi giorni fa: aveva chiamato perché sarebbe arrivato tardi, tornava da Roma, ma noi eravamo pronti perché sapevamo già cosa avrebbe mangiato: le fettuccine d'estate e i tortellini in brodo d'inverno, con l'immancabile faraona. Qui Antonio era veramente di casa».
Ieri mattina, in una campagna più silenziosa del solito, a casa di Antonio Pennacchi c'erano le auto parcheggiate di parenti e amici che davano un ultimo saluto a lui e una consolazione alla famiglia, colpita dal grave lutto all'improvviso. Una casa immersa nella campagna, tra Borgo Podgora e la Chiesuola, una come le tante altre che si incontrano a pochi metri l'una dall'altra nel groviglio di strade tra i canali e i campi: un paio di sedie di plastica vuote appoggiate al muro, il cortiletto con un piccolo giardino e un muretto di cemento a fare da recinzione, un cartello giallo con scritto Antonio Pennacchi sul cancello aperto per metà, per accogliere chi gli voleva bene, ancor prima alla persona che allo scrittore che ha portato alla ribalta nazionale l'epopea della bonifica pontina, i suoi luoghi, le sue storie, la sua gente.
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Il Messaggero