Dal grande freddo al nuovo palcoscenico: dopo l’era Marino, Renzi riscopre l’Urbe

Dal grande freddo al nuovo palcoscenico: dopo l’era Marino, Renzi riscopre l’Urbe
Domani sera Matteo Renzi fa il cicerone. A Firenze, come accadde nel gennaio scorso quando portò la Merkel lungo tutte le sale di Palazzo Vecchio, illustrando a Frau Angela ogni...

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Domani sera Matteo Renzi fa il cicerone. A Firenze, come accadde nel gennaio scorso quando portò la Merkel lungo tutte le sale di Palazzo Vecchio, illustrando a Frau Angela ogni pietra e ogni angolo dell’edificio e lei restò affascinata da tutto e soprattutto dall’affresco della tartaruga con vela cui Cosimo de’ Medici associò il motto «festina lente»? No, stavolta Matteo fa il cicerone per Roma ed è un inedito. Porta a cena sulla terrazza Caffarelli, vista mozzafiato sulla città antica, il suo ospite iraniano - il presidente Hassan Rouhani in visita di Stato - e da lassù, come farebbe un sindaco, indicherà le bellezze più belle: «Lo vede? Quello è il Teatro di Marcello. Se guarda dall’altra parte, ci sono i mercati di Traiano. E proseguendo si arriva al Colosseo....». Proprio il Colosseo che, quando a Roma venne Obama, non fu accompagnato da Renzi nella visita a queste grandi vestigia ma dal ministro Franceschini. Questa doppia immagine, il premier che non va al Teatro Flavio con il presidente americano e sempre lui che invece illustrerà a Rouhani le magnificenze dei Fori, è una sorta di fotografia di quanto sia cambiato il rapporto che Renzi intrattiene con Roma. Ha cominciato a sentirla più sua, da quando ha capito che l’effetto Expo milanese può essere (in altre forme) replicato con il Giubileo a Roma e da quando non c’è più un sindaco che egli non considerava all’altezza della Questione Capitale. Questa metamorfosi renziana un poeta come Valentino Zaichen, nato a Fiume e adottato dall’Urbe molti decenni fa, la potrebbe descrivere spiritosamente tramite uno dei suoi «Aforismi d’autunno»: «Si nasce barbari / e si finisce romani».




LE FASI

Non è soltanto, insomma, una questione di soldi per il Giubileo, nel decreto che verrà approvato oggi. E’ che Matteo Renzi, rispetto a Roma, ha cambiato fase. Lo descrivevano, in questo suo anno e mezzo di permanenza quaggiù, distratto e distante rispetto a Roma. E agli assessori del Pd che lo andavano a trovare per dirgli: «Matteo, prendi in mano la Questione Capitale», lui replicava: «Ma perchè siete così preoccupati? Vi vedo troppo depressi...». Quella era la Fase 1 del rapporto tra Renzi e Roma. Poi c’è stata la Fase 2, addirittura «brutale» secondo Marino, ossia il blitz per mandare a casa il sindaco. Ora, ecco la Fase 3. Renzi ha deciso di investire su Roma anche in termini di presenza personale. Bastava guardarlo l’altro giorno quando, come tanti romani, è andato a vedere la Fontana di Trevi appena riaperta dopo il restauro firmato Fendi. Se prima di Roma tendeva a non parlare, adesso ha cominciato a credere fortemente nelle sue potenzialità - le Olimpiadi del 2024 sono un suo pallino - e, dream team o non dream team, ripete a tutti che «in sei mesi rimetteremo in piedi Roma». A cominciare dalle piccole grandi cose concrete: «Bisogna pensare alle buche, alle strade, alla qualità urbana, all’attenzione per il bello».



E ancora: «Ripartire dalle periferie e illuminare meglio la città». Un segnale di questo cambio di rapporto con Roma può essere anche considerato il disgelo, in nome di una più fluida governabilità del sistema romano e laziale, che è intervenuto tra Renzi e il governatore Zingaretti.



CONQUISTA


I suoi critici dicono che il premier ha conquistato Roma, con il pugno di ferro anti-Marino, ma ormai è chiaro che a sua volta è stato conquistato da Roma. E sembra consapevolissimo che, proprio in un momento nel quale l’immagine della Capitale sarà messa a dura prova agli occhi del mondo nei lunghi mesi in cui andrà avanti il processo Mafia Capitale, questa città ha bisogno di un surpuls di attenzione. Nel nuovo libro di Bruno Vespa, «Donne d’Italia» (Mondadori), Renzi osserva: «Vorrei che l’espressione ”Sono cittadino romano” tornasse ad essere motivo di vanto, di orgoglio, di onore, come accadeva in passato». Se poi si spingerà addirittura a tifare almeno un po’ per i giallorossi, o a entrare in uno di quei salotti romani che detesta e in cui ha giurato che non metterà mai piede, la svolta sarebbe davvero mozzafiato. Ma non è richiesta.

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Il Messaggero