Ed Sheeran, il fenomeno: «Canto le storie di tutti»

Ed Sheeran, il fenomeno: «Canto le storie di tutti»
Faccia pulita. Da bravo ragazzo. Ed Sheeran ha lo sguardo di chi non sa di essere una popstar mondiale. Classe 1991. Nazionalità britannica. Nonostante i numeri da...

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Faccia pulita. Da bravo ragazzo. Ed Sheeran ha lo sguardo di chi non sa di essere una popstar mondiale. Classe 1991. Nazionalità britannica. Nonostante i numeri da capogiro, mantiene salde le origini, si definisce “un grande pesce in un piccolo stagno”, restando con “i piedi per terra”. Di politica non ne vuole sapere. E la sua musica la concepisce “da solo”, come fosse cantastorie di cose semplici. “Divide”, il suo ultimo e terzo album, è record assoluto in 102 Paesi.

 

E i due singoli, Shape of You e Castle on the Hill, detengono il trono su Spotify con oltre un miliardo di stream. Il primo batte il record per numero di streaming che fu di Drake, di Adele con Hello, di One Direction con Drag Me Down. Superando What Do You Mean di Justin Bieber. E tutti i brani della Deluxe entrano nella Top 100 Single Digital Chart.

Un successo incredibile. Disco e tour mondiale, in partenza proprio dall’Italia con il sold out del 16 e 17 marzo di Torino. Suonerà solo con la sua chitarra, come nel live straordinario di Wembley?

 

EVENTO
Sarà un concerto evento. Set e allestimento sono di Mark Cunniffe, lo stesso designer di Madonna e U2. Schermi colorati e simbolici, come un “Minecraft”, avvolgeranno il pubblico e lo sovrasteranno. «Anche qui sarò senza band. Saremo solo io e la mia chitarra».

Quanto alla scaletta, dice Sheeran, si parla di «circa venti canzoni. Nessuna cover. Sono nella posizione, mai trovato prima, in cui porto canzoni mie che la gente conosce».

Nessun rito scaramentico, solo bere «tanta acqua». «Vengo fuori da una gavetta con i live dei pub».
C’è sempre il sogno di suonare con una band, «magari con un’orchestra di 20 o 40 elementi». Ma c’è un tempo per tutto. «Magari avrà senso un giorno portare sul palco anche la band. Suonare “solo” ti dà la possibilità di fare tutto con quella libertà che altrimenti sarebbe limitata».

Ed è originario di una piccola città, ma non si stente affatto cambiato. «Resto quello che ero. Ritorno spesso alle mie origini. E non le dimentico. Ho bisogno di cose semplici che la grande città non mi darebbe. A me piace tornare alle storie di tutti i giorni. Un cantastorie di quotidianità. La scrittura migliore arriva quando sei triste. Per questo, per alcuni artisti che diventano “più felici” con il successo, è più difficile continuare a fare bella musica».
La scelta di Divide? Con il segno matematico della divisione? «Ho sempre avuto in mente di intitolare un album così. Sono consapevole che non è per tutti “o bianco o nero”. È giusto ci siano più sfumature di giudizio. L’ho scritto in un anno “off”, in cui ho preso una pausa e sono andato in giro per il mondo».

In fondo, è vero, ha “distrutto” le classifiche. Ma lui dice che «non è poi così importante». «Per quanto io sia competitivo. A me interessa che la musica sia condivisa in vari modi e che arrivi a tanti. Più che la vendita in sé, voglio che entri nella vita delle persone».

LA POLITICA
Alcuni artisti hanno ritardato l’uscita dei loro album per l’elezione di Trump, ma lui non scrive canzoni pensando alla politica del momento. «Sinceramente - dice - non mi interessa». Sulla Brexit qualcosa dice: «Penso sia pericoloso essere divisi. La soluzione sta in mezzo. Non è solo una questione politica, ma soprattutto umana. A me piace essere europeo».

Sheeran in Italia è di casa. «Il vostro - spiega - è il Paese preferito dai miei genitori. Hanno fatto qui la luna di miele». Un Paese «ricco di cultura, storia, tradizione, cibo ottimo e gente “friendly”. Non è così scontato negli altri paesi. Firenze, Roma, Milano. E poi Calabria e Sicilia. Insomma a me l’Italia piace tutta».

Ed non ama invece il secondary ticketing, un «sistema scorretto»: «Ci sono troppi interessi. Il mio manager andrà al Parlamento inglese per una soluzione che magari potrà essere adottata dagli altri Paesi».

Il giovanissimo artista rivela di avere scritto canzoni per due artisti che non può nominare. «Non guardo al prossimo album. Dopo “÷”, magari un “-”. E poi il tour. Forse di nuovo in Italia negli stadi».
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Il Messaggero