Un drone sospetto in zona Vaticano, due giorni fa. Ieri la replica: un quadricottero che sorvola senza autorizzazione il Pantheon e piazza della Rotonda. E scatta l’allarme...
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LE SEGNALAZIONI
Nei mesi scorsi, infatti, ci sono state segnalazioni su possibili utilizzi dei sistemi commerciali di pilotaggio negli attentati. In gennaio, i servizi segreti israeliani avevano fatto sapere che in Italia potrebbero venire introdotti droni “armati”, in grado di trasportare esplosivo. Il Mossad li aveva segnalati in ingresso nel nostro Paese. Due uomini con un carico di velivoli “truccati” erano stati fermati dall’esercito israeliano al confine con la Giordania. Interrogati, avevano ammesso che la finalità era effettuare attentati, anche in Occidente. A questo si era aggiunta la comunicazione che in alcuni negozi di Roma e dintorni alcuni stranieri avrebbero provato a chiedere informazioni su come modificare i velivoli giocattolo che avevano acquistato. La seconda segnalazione è arrivata in giugno. In un report dell’Europol si parlava della possibilità di utilizzo di droni armati da parte dell’Isis anche in Europa, replicando un copione già andato in scena nella guerra in Siria e in Iraq. Il fatto che due velivoli abbiano valicato l’area off limits della Capitale, quindi, fa tornare alla ribalta il problema sicurezza.
NO FLY ZONE
Le no fly zone sono quadrilateri in cui il volo è interdetto, o consentito solo previa autorizzazione. Teoricamente, i firmware inseriti nei sistemi commerciali a pilotaggio remoto dovrebbero inibire ai droni l’accesso alle aree protette. Ma aggirare le restrizioni è facile: sul web sono disponibili istruzioni per modificare la programmazione. Le contromisure a difesa nelle grandi città sono scarse, anche perché, per dimensioni e materiali, i velivoli sono difficilmente rilevabili dai sistemi di tracciamento.
IL RISCHIO
Il rischio più consistente è che i piccoli aeromobili pilotati da remoto possano essere utilizzati per attacchi dimostrativi, soprattutto in zone non raggiungibili a piedi perché troppo protette. Uno dei problemi principali è che acquistare un drone è veramente facile e la spesa è contenuta. Apportando le adeguate modifiche - illegali - è possibile attrezzare il marchingegno per trasportare esplosivo. Anche se non si trattasse di cariche con conseguenze devastanti, l’azione avrebbe certamente un forte impatto dimostrativo: potrebbe essere filmata e rilanciata sul web in tempo reale, trasformandosi in un atto di rivendicazione globale e in diretta. L’uso dei droni negli attacchi, oltretutto, non è una novità. Nel 2011 un simpatizzante di al Qaeda è finito in manette a Boston perché stava pianificando un attentato con uno sciame di mini velivoli imbottiti di esplosivo. Uno degli obiettivi era addirittura il Pentagono. Nell’aprile del 2015, un drone che trasportava sabbia radioattiva proveniente dalla centrale nucleare di Fukushima era riuscito a planare sul tetto degli uffici del primo ministro giapponese a Tokyo. In Iraq, in febbraio, l’Isis ha usato sciami di droni contro le forze della Coalizione. I quadricotteri sono stati modificati per trasportare granate da 40 millimetri.
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Il Messaggero