Di Stefano, i soldi della maxi-tangente nascosti in Svizzera

Di Stefano, i soldi della maxi-tangente nascosti in Svizzera
Valigette piene di contanti, che lo stesso Marco Di Stefano avrebbe portato all’estero e riversato in due conti correnti bancari a proprio nome. ...

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Valigette piene di contanti, che lo stesso Marco Di Stefano avrebbe portato all’estero e riversato in due conti correnti bancari a proprio nome.




Per gli inquirenti, la prova di una mazzetta milionaria intascata dal deputato del Pd ed ex assessore al Demanio della giunta Marrazzo per favorire gli imprenditori Antonio e Daniele Pulicini, si trova oltralpe: è nelle movimentazioni di due conti svizzeri accesi presso la banca Ubs di Ginevra e oggi estinti, ma in cui fino al 2012 transitavano montagne di soldi.



Per questo motivo i pm Maria Cristina Palaia e Corrado Fasanelli hanno inviato una rogatoria internazionale, che ha permesso di scovare almeno la traccia del tesoretto del deputato. È stato un funzionario dell'istituto di credito a confermarlo: «Di Stefano portava i soldi in contanti, arrivava con valigette zeppe di denaro, centinaia di migliaia di euro», avrebbe raccontato agli investigatori. Anche se i conti sono stati chiusi da un paio d’anni è la prova tangibile della corruzione, secondo gli inquirenti che si apprestano a chiudere le indagini relative alla mega truffa che il politico, affiancato da Alfredo Guagnelli, suo amico e tuttofare oggi scomparso nel nulla, avrebbe ordito ai danni dell'Enpam, l'ente di previdenza dei medici.



Per l'accusa, l'ex assessore 5 anni fa avrebbe ottenuto dai Pulcini un milione e 800 mila euro, che si uniscono ad altri 300 mila euro intascati da Guagnelli, per far affittare alla “Lazio Service”, una società controllata dalla Regione, due palazzi di proprietà degli imprenditori al prezzo esorbitante di 3 milioni e 725 mila euro ciascuno. Gli stessi immobili vennero poi venduti all'Enpam con una plusvalenza che superava il 50% dell'effettivo valore. Subito dopo la scomparsa del suo collaboratore, sparito nel 2009, Di Stefano venne accusato dalla sua ex moglie e dal fratello di Guagnelli, che raccontarono ai magistrati di aver saputo che il deputato aveva intascato una mazzetta a sei zeri.



I NUOVI FRONTI

A riprova della disinvoltura con cui l'ex assessore svolgeva il proprio incarico in Regione, modificando a suo piacimento atti pubblici per favorire amici e conoscenti, ci sarebbero anche altri dettagli. Altri due fronti d'indagine, per l'esattezza. I magistrati stanno facendo accertamenti su tre appalti che il deputato avrebbe pilotato e fatto ottenere a piccoli imprenditori a lui molto vicini, forse in cambio di regali e compensi. Ed esiste pure una concessione dubbia che riguarda un terreno sulle rive del Tevere, un'area golenale che l'imprenditore Nazareno Neri si sarebbe aggiudicato, secondo l'accusa, con modalità poco trasparenti e che costa ora a Di Stefano una seconda ipotesi di corruzione. Ancora una volta, il tramite per la consegna di eventuali soldi sarebbe stato Guagnelli.



CACCIA AI CONTI DELL’AMICO


Per questo motivo la sua sparizione è un mistero che s'infittisce. Ha fatto perdere le sue tracce nel 2009, forse è fuggito portandosi via le mazzette raccolte per conto del deputato. Il fascicolo sulla sparizione è stato affidato al pm Tiziana Cugini, che procede per omicidio e che ha delegato gli accertamenti alla Squadra mobile e, recentemente, anche alla Finanza che dovrà ricostruire i suoi flussi finanziari per provare a rintracciare anche lui. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero