Crescita, il decreto del Tesoro per evitare la manovra bis

Crescita, il decreto del Tesoro per evitare la manovra bis
Il termine “frustata” è bandito. Ricorda troppo il 2011, l’anno della crisi dello spread, e i disperati tentativi del governo Berlusconi di invertire la...

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Il termine “frustata” è bandito. Ricorda troppo il 2011, l’anno della crisi dello spread, e i disperati tentativi del governo Berlusconi di invertire la rotta traballante dell’economia. Adesso nei corridoi del Ministero dell’Economia i tecnici che lavorano al riservatissimo testo del decreto usano un termine inglese: «boost», che significa «spingere».


Il provvedimento in preparazione, e che dovrebbe arrivare sul tavolo del governo mercoledì prossimo, vuole appunto dare una spinta all’economia, rilanciare l’asfittica crescita fino ad oggi prospettata da tutte le agenzie internazionali. Ma, e a via XX settembre lo sanno, è anche l’ultima occasione per evitare una dolorosa manovra-bis che, secondo le ultime stime, rischierebbe di essere di almeno una decina di miliardi di euro. La scommessa consiste dunque nel rianimare il Pil per evitare che il disavanzo debordi. Non è ancora chiaro se il governo farà un solo decreto o più di uno, anche perché di testi in preparazione ce ne sono ben tre: lo sblocca-cantieri, al quale sta lavorando direttamente il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte; un decreto crescita con misure di sblocco degli incentivi e di semplificazioni, che da tempo sta preparando il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio; e, infine, il provvedimento “riservato” del ministro dell’Economia, Giovanni Tria.

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CARTE COPERTE
In realtà il titolare del Tesoro ha volutamente tenuto coperte le carte perché prima, per rispetto istituzionale, vuole illustrare le sue idee al premier Conte. L’incontro tra i due ci dovrebbe essere oggi. Ma alcuni dei contenuti del provvedimento sul tavolo del ministro dell’Economia iniziano a trapelare. In parte, si ispirano a richieste formulate in questi mesi dalle associazioni d’impresa. Una novità sicura riguarda il fondo centrale di garanzia, strumento che permette alle piccole e medie imprese di accedere ai finanziamenti attraverso la concessione di una garanzia pubblica. Per allargare l’accesso, l’idea è rialzare l’attuale importo massimo garantito dagli attuali 2,5 a 3,5-4 milioni. Proprio perché si tratta di garanzie, la misura avrebbe costi gestibili. Un’altra parte del provvedimento punta a correggere in corsa un capitolo dell’ultima legge di Bilancio, quella che ha introdotto la mini-Ires e cancellando altre agevolazioni precedenti (tra cui l’Ace, aiuto alla crescita economia e il super-ammortamento). In particolare la mini-Ires consiste nella possibilità di applicare un’aliquota agevolata del 15 per cento al posto di quella ordinaria del 24, a condizione che la società interessata faccia investimenti in beni strumentali e aumenti il livello di occupazione. Obiettivi chiari sulla carta ma che si sono rivelati decisamente complessi nell’applicazione pratica, per la difficoltà di fare tutti i relativi calcoli. Ci saranno dunque dei correttivi, e non è escluso un ripescaggio del super-ammortamento, che nella versione attuale può essere applicato al massimo fino al 30 giugno, purché l’investimento risulti già avviato al 31 dicembre 2018.

I VINCOLI DI BILANCIO

C’è poi il tema delle compensazioni fiscali: dal mondo delle imprese arriva la richiesta di alzare il livello degli attuali tetti, ad esempio quello relativo ai crediti d’imposta collegati allo split payment (fissato a 700 mila euro). Su questo punto le valutazioni finali dipenderanno naturalmente dai vincoli di bilancio, che non permettono al ministero dell’Economia di largheggiare. Il prossimo appuntamento dopo il Consiglio dei ministri della prossima settimana è il Documento di economia e finanza che deve essere approvato entro il 10 aprile: in quel testo dovranno essere quanto meno impostate le scelte per il 2020 e il 2021, anni già appesantiti in partenza dalle gigantesche clausole Iva.
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Il Messaggero