Il virus non molla, al Goretti più ricoveri dello Spallanzani. Lichtner: «Troppi casi gravi»

Miriam Lichtner
Si stabilizza in provincia la curva del covid e arrivano anche dall'ospedale Goretti di Latina segnali incoraggianti, ma per ora si lavora ancora a pieno regime e alle prese...

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Si stabilizza in provincia la curva del covid e arrivano anche dall'ospedale Goretti di Latina segnali incoraggianti, ma per ora si lavora ancora a pieno regime e alle prese con pazienti gravi ancora molto numerosi. Ne parliamo con la dottoressa Miriam Lichtner, dirigente delle Malattie infettive dell'ospedale, che da 11 mesi ininterrottamente è in prima linea nella lotta al covid, tanto nella prima quanto nella seconda fase che ha avuto esiti drammatici in termini di contagi, ricoveri e decessi. «I pazienti positivi che arrivano in pronto soccorso spiega da vari giorni oscillano tra i sette e i dieci e questo è un numero che più o meno pareggia i pazienti che vengono invece quotidianamente dimessi. Questo ci ha permesso, anche con il trasferimento verso Roma di alcuni malati, di chiudere un piano covid di 34 posti letto e di riconvertirlo in area di Medicina non covid. A dicembre abbiamo toccato punte di 70 malati covid in pronto soccorso, ora la tendenza si sta invertendo e abbiamo molti più pazienti con altre patologie che prima venivano inviati in altri ospedali. Questo è sicuramente un aspetto positivo, che riflette la riduzione dei contagi».


Ma il covid è tutt'altro che sconfitto e i casi della provincia, sebbene ormai abbastanza stabili, sono ancora alti. «L'ospedale di Latina aggiunge ha superato il numero di pazienti covid dello Spallanzani. Roma ha ridotto il numero dei ricoveri prima di noi. Qui i ricoveri non si sono esauriti come nella curva di marzo, aprile e maggio scorsi ma si sono invece stabilizzati su un livello alto. La cosa particolare poi, che non mi aspettavo, è che non si sono ridotti i casi molto gravi e in ospedale continuano ad arrivare pazienti con sintomi importanti, magari dopo sette o otto giorni di febbre a casa. Mi sono trovata a parlare con alcuni pazienti e ho scoperto che molti vedono il ricovero come l'inizio della fine, come un momento di non ritorno e io mi ritrovo a spiegare loro che arrivando prima è possibile curare meglio il virus».

I MONOCLONALI

Una grossa speranza arriva ora dagli anticorpi monoclonali, che il Goretti aspetta con ansia ma che andranno appunto somministrati nelle fasi molto precoci della malattia in pazienti considerati a rischio per età o per comorbilità. «E' una chance in più molto importante puntualizza Lichtner ma la diagnosi precoce è fondamentale. Funzionerà così: una persona che presenta situazioni di rischio, per presenza di patologie o per età che supera i 65 anni, deve ricorrere all'ospedale, accedendo in un'area dedicata o in un laboratorio dove verranno effettuati esami di valutazione e poi una somministrazione dell'anticorpo per via endovenosa. Successivamente c'è un periodo di osservazione di un'ora. Ma l'organizzazione è ancora tutta da definire, l'Aifa ha detto che sarà curata dalle Regioni. Noi come Goretti abbiamo la possibilità di entrare anche nello studio che si farà nel Lazio sui monoclonali».
Quanto alle varianti invece, in ospedale non sono ancora arrivate ma l'allerta è altissima e quasi ogni giorno vengono inviati campioni casuali al laboratorio di virologia dell'istituto Spallanzani insieme a casi sospetti individuati sulla base di alcuni particolari criteri, come l'elevata trasmissibilità, la persistenza del virus o eventuali reinfenzioni.


Laura Pesino
© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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Il Messaggero