Divorzio e tenore di vita della moglie, la Cassazione decide sull’assegno

Divorzio e tenore di vita della moglie, la Cassazione decide sull’assegno
ROMA Il nuovo e definitivo indirizzo ai Tribunali potrebbe arrivare già oggi, ma è più probabile che le Sezioni unite della Cassazione prendano il tempo...

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ROMA Il nuovo e definitivo indirizzo ai Tribunali potrebbe arrivare già oggi, ma è più probabile che le Sezioni unite della Cassazione prendano il tempo canonico di trenta giorni per pronunciarsi. La questione è centrale in materia di divorzi, perché riguarda la giurisprudenza sull’assegno di mantenimento all’ex coniuge economicamente autonomo, un indirizzo invertito dalla cosiddetta sentenza Grilli. Ossia il diritto o meno allo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, tramite l’attribuzione di un emolumento divorzile, per le mogli che spesso, ma non più come un tempo, sono ancora il soggetto economicamente debole della coppia andata in frantumi. Interpretazione che rimane controversa, visto che pochi giorni fa la corte d’appello di Genova è andata contro il nuovo corso sfornando una sentenza vecchio stile. In vista della camera di consiglio di oggi è arrivato anche un appello firmato da giuriste, sociologhe, giornaliste e avvocate che chiedono di non abolire il parametro dello stile di vita. 


LA SENTENZA
Con il verdetto prende il nome dall’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli i supremi giudici della prima sezione civile, nel maggio 2017, hanno messo fine al diritto per il coniuge con meno mezzi ed entrate ad essere mantenuto per sempre dall’altro, anche dopo il divorzio, assicurandogli più o meno lo stesso standard di vita. La sentenza, che ha staccato la spina ai “privilegi” garantiti alle ex fin dal ‘90, afferma che il matrimonio non è più la «sistemazione definitiva»: sposarsi, per i supremi giudici, è un «atto di libertà e autoresponsabilità» e se le cose vanno male si torna ad essere «persone singole», senza rendite di posizione. Anche perché dover versare un assegno «può tradursi in un ostacolo alla costituzione di una nuova famiglia» e questo in violazione del diritto a rifarsi una vita riconosciuto da Strasburgo e dalla Carta fondante dell’Ue.

LE SEZIONI UNITE

Lo scorso dicembre, era stato l’allora primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, con uno dei suoi ultimi decreti, a incaricare le Sezioni unite di pronunciarsi sul tema “assegno di divorzio”, ritenuta di «particolare importanza» ma sulla quale a dare il nuovo eclatante indirizzo era stata solo una sezione “semplice”. Anche il procuratore generale presso la Suprema Corte, Riccardo Fuzio, nel corso della cerimonia inaugurale dell’anno giudiziario, aveva ricordato il «clamore» suscitato dal verdetto “Grilli” «sulla questione della spettanza e della funzione dell’assegno divorzile, a fronte di una giurisprudenza pacifica fondata su principi sanciti dalle Sezioni Unite sin dagli anni ‘90». Fuzio aveva poi sottolineato che la Procura della Suprema corte, «di fronte a questo mutamento di giurisprudenza» aveva «reiteratamente segnalato che, al di là della soluzione del nodo interpretativo, ovviamente sempre aperto all’ermeneutica e all’evoluzione che a essa è propria, appariva indispensabile nuovamente investire le Sezioni Unite dell’esegesi del sistema normativo di riferimento». E il Pg aveva accolto la decisione di Canzio di dare spazio, nel massimo consesso degli “ermellini”, a una «rinnovata riflessione sul tema del permanere, o meno, del valore della solidarietà post-coniugale nella società odierna e della funzione da ascriversi all’assegno di divorzio». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero