Caso Regeni, una nuova rogatoria a Cambridge: «Quella prof lo pressava»

Caso Regeni, una nuova rogatoria a Cambridge: «Quella prof lo pressava»
Stavolta, la professoressa Maha Abdelraman, la docente di Cambridge “tutor” del dottorato di Giulio Regeni, non potrà rifiutarsi di rispondere alle domande...

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Stavolta, la professoressa Maha Abdelraman, la docente di Cambridge “tutor” del dottorato di Giulio Regeni, non potrà rifiutarsi di rispondere alle domande provenienti dall’Italia. A sentirla sarà un magistrato inglese, che terrà l’audizione alla presenza del pm italiano, titolare del fascicolo, Sergio Colaiocco. E, come avviene in Italia, se dovesse tacere informazioni a sua conoscenza potrebbe essere accusata di reticenza. La procura di Roma è il primo ufficio requirente italiano ad avvalersi dei poteri previsti dall’ultima direttiva europea in materia di giustizia, che dà agli inquirenti la possibilità di attivare le indagini negli altri paesi della Comunità senza passare per la rogatoria internazionale. È, dunque, un «ordine europeo di indagine» quello che piazzale Clodio ha inviato a Londra perché entro fine novembre venga ascoltata da un magistrato la professoressa Abdelraman.


I COLLOQUI
Sebbene l’università di Cambridge abbia detto più volte di ritenere che la docente avesse fornito piena collaborazione alle indagini, Abdelraman non ha mai voluto chiarire i dettagli degli ultimi colloqui avuti con Giulio, né della ricerca che il giovane stava svolgendo. Dalle mail rimaste nel computer del ricercatore, emergono diversi punti di contrasto e un copioso lavoro consegnato da Regeni alla professoressa, circostanza che lei ha prima negato per poi affermare di non aver intenzione di rispondere alle «autorità italiane».

Il primo scontro tra i due avrebbe riguardato la scelta del co-tutor al Cairo. Ad affiancare Regeni sul campo era Rabab el Mahadi, ricercatrice della Auc e, allo stesso tempo, attivista contro il governo di Al Sisi. Proprio questo doppio ruolo non convinceva, almeno sul piano accademico, Regeni: «Preferirei una persona più neutra per l’inchiesta», ha scritto in sostanza il ricercatore alla docente che, però, ha insistito sulla scelta. Una circostanza, questa, che potrebbe aver esposto il ragazzo quando poi gli è stato chiesto di fare ricerche approfondite sui sindacati degli ambulanti, considerati particolarmente invisi al governo.

IL DOTTORATO

La madre di Regeni, Paola Deffendi, ha spiegato anche in pubblico l’altro elemento su cui Roma intende insistere: il dottorato di Regeni era incentrato sullo sviluppo economico dell’Egitto. Cambridge non ha mai voluto chiarire come mai da questo argomento si fosse passati all’approfondimento sui sindacati che, come dice la madre, «non era il cuore della sua ricerca». Vaghissime sono state anche le informazioni sui report consegnati da Regeni all’università: dieci, uno per ogni incontro avuto con i sindacalisti egiziani, tra i quali Mohamed Abdallah, quello che prima gli ha chiesto un compenso e poi l’ha denunciato alla polizia governativa. Una copia di quei report è sul computer di Giulio analizzato dal Ros. Inizialmente sia Abdelraman sia el Mahdi avevano negato che esistessero. Ma, a dicembre 2015, durante una riunione al Cairo, la docente inglese avrebbe fatto i complimenti a Giulio per «la qualità e quantità del lavoro svolto». Se oltre ai report Regeni abbia dato altre informazioni e che fine abbiano fatto, Abdelraman non ha mai voluto dirlo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero