Camera, pensioni record: ai dipendenti 281 milioni

La Camera dei deputati (Ansa)
Altro che superdorati vitalizi dei politici. Basta dare un’occhiata ai conti della Camera (domani dovrebbe essere approvato il bilancio) per essere colpiti da un dato...

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Altro che superdorati vitalizi dei politici. Basta dare un’occhiata ai conti della Camera (domani dovrebbe essere approvato il bilancio) per essere colpiti da un dato persino più spinoso: l’incredibile record della spesa pensionistica degli ex dipendenti della Camera che nel 2019 (il bilancio è triennale) raggiungerà la vetta di 281 milioni di euro, ovvero praticamente il doppio dei 142 milioni che - se la legge Richetti che li ricalcola non dovesse passare o fosse giudicata incostituzionale - dovrebbero andare ai vitalizi dei politici. Proprio sulla legge Richetti ieri i 5Stelle hanno chiesto al presidente del Senato Pietro Grasso di votarne l’esame d’urgenza. Richiesta sulla quale frenano alcuni senatori del Pd che stanno pensando di modificare la legge per scongiurarne l’incostituzionalità. 


Ma torniamo alla Camera. La somma delle due voci previdenziali del bilancio di Montecitorio ne fa un immenso pensionificio. Nel 2019, infatti la Camera spenderà per i propri ex (dipendenti o politici) la bellezza di 423 milioni che ammontano al 45% (44,8 per l’esattezza) dei 943 milioni che il tempio della politica chiederà agli italiani. In altre parole su ogni euro disponibile per la Camera quasi 50 centesimi saranno girati a pensionati. Si tratta di una percentuale enorme, visto che sull’intera spesa pubblica italiana (pari a circa 830 miliardi) le pensioni incidono per il 30% del totale.

Una spesa previdenziale così elevata si spiega con il posizionamento in area “alto di gamma” delle pensioni di Montecitorio: gli ex deputati che godono del vitalizio (abolito dal 2012 per gli attuali eletti) sono 1.550 e mediamente ricevono 90.000 euro lordi ognuno. Va detto però che da pochi mesi sui loro assegni è stato imposto dall’Ufficio di presidenza un contributo di solidarietà triennale che ha fatto scattare una sforbiciata fra i 300 e gli 800 euro mensili per quelli più alti. Risultato: un risparmio di 2,4 milioni.

Gli ex dipendenti della Camera a riposo invece sono 4.700 e si accontentano di un assegno annuale medio di 55.000. Ma a tenere alta la media sarebbero - stando ai bene informati ma non ci sono informazioni ufficiali - un pugno di rendite previdenziali superiori ai 350.000 euro lordi.

IL CONFRONTO
Il peso dei pensionati sui conti della Camera colpisce ancora di più nel confronto con le buste paga dei “lavoratori attivi” di Montecitorio, ovvero i 630 deputati e i circa 1.300 dipendenti che materialmente portano avanti la struttura. Ebbene per gli stipendi sono previsti “solo” 340 milioni, suddivisi fra gli 80 milioni annui delle indennità dei deputati (mediamente 127.000 euro lordi per ognuno) e i 260 milioni distribuiti ai dipendenti che, essendo 1.300 come detto, a testa in media costeranno al contribuente 200.000 euro lordi l’anno.

L’approvazione del bilancio della Camera consente anche di mettere in evidenza una serie di dati positivi. Ormai da qualche anno a questa parte l’istituzione sta riducendo il suo peso sui conti dello Stato. Nel 2011 la Camera costò 1.108 milioni, oggi veleggia sotto quota 950 e quest’anno restituirà al Tesoro una ottantina di milioni che consentiranno di raggiungere la quota di 350 milioni di risparmio nell’arco dell’intera legislatura. Sono stati effettuati tagli consistenti agli affitti (circa 30 milioni) con la disdetta di alcuni stabili e anche le indennità del presidente della Camera, Laura Boldrini, sono state tagliate del 30%. Privilegi insostenibili come gli alloggi di servizio assegnati a presidente, vicepresidente e questori sono stati spazzati via. «Restano molte criticità - spiega il deputato questore Paolo Fontanelli, ex sindaco di Pisa - Ma abbiamo cercato di contenere tutte le voci compresa quella dell’acquisto dei beni e servizi».


Ma il tema “tagli” resta attualissimo. Uno dei nodi che dovranno essere affrontati nella prossima legislatura sarà quello dell’unificazione delle due burocrazie di Camera e Senato. Un’operazione delicatissima perché fa saltare molte doppie poltrone (spesso pagatissime) ma i cui protocolli sono già stati approvati. Altro tema all’ordine del giorno è quello dei concorsi. La Camera ha ridotto di oltre il 30% in pochi anni il proprio personale in servizio. L’ultimo concorso è stato fatto 13 anni fa e i sindacati della Camera (addirittura 11) hanno già accettato un taglio del 20% agli stipendi dei futuri neoassunti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero