Braccianti come schiavi sette arresti al Circeo

Braccianti come schiavi sette arresti al Circeo
L'INCHIESTASi è conclusa con sette arresti l'operazione condotta dai carabinieri del Nas di Latina, che nel 2019 hanno raccolto la denuncia di un bracciante indiano nei confronti...

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L'INCHIESTA
Si è conclusa con sette arresti l'operazione condotta dai carabinieri del Nas di Latina, che nel 2019 hanno raccolto la denuncia di un bracciante indiano nei confronti dell'azienda agricola di San Felice Circeo presso la quale lavorava. In manette e in carcere è finita una famiglia di San Felice Circeo: il padre (origini campane, per gli inquirenti il capo dell'organizzazione), i due figli soci d'azienda, l'altra figlia che teneva la contabilità della società e il marito di quest'ultima, dipendente.

Una vera e propria associazione per delinquere, secondo gli investigatori, che si avvaleva anche di tre esterni: un agronomo di fiducia, originario di Terracina, e due cittadini bengalesi che facevano da caporali su una folta schiera di connazionali. I braccianti erano costretti a lavorare anche per dodici ore consecutive, in condizioni meteo proibitive, oltre che a venire a contatto con sostanze pericolose che i datori di lavoro li obbligavano a cospargere sugli ortaggi per aumentare la produzione. Il tutto per una paga da fame: quattro euro e cinquanta centesimi l'ora, meno della metà di quanto previsto dal contratto di lavoro, ma che dalla busta paga risultava regolare. Anche quella, costretti a firmarla.
È quello che succedeva a 157 operai di origini indiane, bengalesi e pakistane, nei campi tra San Felice Circeo, Terracina e Sabaudia, tutti dipendenti della stessa azienda agricola, che in queste città aveva ben cinque sedi operative.
L'operazione dei carabinieri, denominata Job Tax ed eseguita ieri tra Latina e Venezia (dove risiede attualmente uno dei caporali) deve il suo nome ai metodi utilizzati dalla ditta e dai caporali, che avevano tra le altre cose il compito di accompagnare i dipendenti a ritirare lo stipendio, versato integralmente per far risultare tutto in regola, ma da cui poi trattenevano una parte sostanziosa sotto la minaccia di non pagare nulla per il lavoro svolto, e da cui detraevano persino il prezzo del trasporto verso i campi, quantificato in sei euro al giorno ciascuno. Tutt'altro che un benefit aziendale, perché in un Ducato adatto per otto passeggeri si viaggiava davvero in troppi e tutti ammassati. Per giunta, al lavoro venivano utilizzati due tablet per segnare ogni effettiva ora lavorata, più su un quaderno da campo venivano appuntate le sostanze spruzzate sugli ortaggi. L'azienda agricola lavorava ravanelli e per restare al passo con la domanda del mercato locale ed estero impiegava fitofarmaci non autorizzati nelle colture in serra perché pericolosi per la salute pubblica, sia come trattamento preventivo dai parassiti sia come rimedio in seguito alle intemperie, ma anche e soprattutto per far crescere gli ortaggi più rapidamente. Non importava se a discapito della salute dei consumatori e di quella degli operai, che utilizzavano queste sostanze privi di protezioni. Durante le perquisizioni è stato trovato materiale utile per le indagini, nonostante hanno riferito i carabinieri in conferenza stampa diversi tentativi di insabbiamento: contabilità parallela e quaderni operativi, oltre che 244 litri di fitofarmaci irregolari per un valore di circa 7.000 euro.

Dagli accertamenti dei carabinieri, l'azienda non aveva versato all'Inps, solo nel periodo monitorato che va da marzo e novembre 2019 una somma pari a 557.504,60 euro, che con l'operazione di ieri sono stati recuperati con il sequestro di beni mobili e immobili. L'operazione è stata condotta dai carabinieri del Nas di Latina diretti dal capitano Felice Egidio, con il coordinamento del procuratore aggiunto Carlo Lasperanza e del sostituto procuratore Claudio De Lazzaro, insieme ai colleghi del comando per la Tutela della salute, dei comandi provinciali di Latina e Venezia, e del Nucleo ispettorato del lavoro di Latina.
Stefania Belmonte
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Messaggero