I milionari poco anonimi delle vincite nell’era social

I milionari poco anonimi delle vincite nell’era social
ROMA «Ma quello che ha vinto il milione di euro a Pinerolo, ci sarà su Facebook?». Sera dell’estrazione della lotteria della Befana, una giovane romana...

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ROMA «Ma quello che ha vinto il milione di euro a Pinerolo, ci sarà su Facebook?». Sera dell’estrazione della lotteria della Befana, una giovane romana commenta. I numeri fortunati stanno uscendo, il mondo social sogna, praticamente già “investe” il denaro, e cerca con accanimento qualsiasi indizio che possa portare ai fortunati: foto, immagini, bar, tabaccherie. Perché in epoca di comunicazione scatenata, anche il super Gastone che si aggiudica i premi milionari, rischia di finire in pasto al web. 


E se Biagio Vita, il posteggiatore torinese, ha deciso di uscire allo scoperto dedicando la vittoria alla figlia, molti altri preferiscono che il nome non venga mai rivelato. Anonimi e più tranquilli. Consiglia, infatti, un sito specializzato sull’argomento, di «non dire a nessuno che hai vinto finché non hai il denaro in tasca. Qualsiasi grandezza abbia la somma, la tua vita cambierà drasticamente, e ci può volere un po’ di tempo prima che te ne renda effettivamente conto. Quindi prendi un respiro profondo e non parlare troppo. Meglio tenerlo segreto più a lungo che puoi».

EVENTO MAIN STREAM
Facile a dirsi, difficile a farsi. Soprattutto nell’epoca dei continui selfie, della vita illustrata e mostrata minuto per minuto. Ha fatto il giro del web la storia di Luciano Gaucci ed Elisabetta Tulliani, da anni moglie di Gianfranco Fini. I due, all’epoca una coppia, sono finiti davanti ai giudici proprio per una vincita a parecchi zeri: 2 miliardi e 400 milioni di vecchie lire, “guadagnati” con una schedina d’oro del Superenalotto, e poi contesi a colpi di carta bollata.

Ma il fenomeno fino a che punto è collettivo? «La Lotteria Italia - spiega Mihaela Gavrila, docente di Culture e industrie della Televisione, dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale dell’università La Sapienza - è da sempre uno dei giochi a premi più “legittimati” nell’immaginario, persino in tempi di forte critica e tendenziale contenimento della diffusione del gioco d’azzardo in Italia. È diventata un evento mainstream, da sempre celebrato, non a caso, attraverso i programmi più popolari del prime time di Rai 1. Tuttavia, mentre fino a qualche anno fa era difficile avere un riscontro quasi in diretta sull’identità dei fortunati, in tempi di amplificazione della voice in Internet, mantenere l’anonimato è quasi impossibile. Dopo poche ore - sottolinea ancora l’esperta - le nuove, seppur effimere, celebrities della Rete, sono loro, i vincitori, ma anche e soprattutto i baristi o i tabaccai che hanno venduto i biglietti estratti, gli amici, i familiari. Una grande festa alla quale partecipano e si identificano. Ma quest’amplificazione della popularity va spesso a scapito della stessa libertà, senza mai sollecitare un’attenzione alle dimensioni etiche e giuridiche del fenomeno. A fronte della speranza, la privacy e la tutela dei diritti della persona che ha vinto svaniscono. Prevale il diritto all’identificazione e al sogno di uscire miracolosamente dalla crisi».

I TEMPI
Spetta, comunque, pur sempre al vincitore decidere se uscire dall’anonimato. L’importante, però, è che si ricordi che ha sei mesi per riscuotere. Tra questi c’è, poi, qualcuno che preferisce andare alla propria banca e affidarsi al direttore. A vantaggio della riservatezza. «In ogni caso è fondamentale - consiglia Agipronews, l’agenzia di stampa che si occupa del mondo dei giochi e delle scommesse - che il prezioso tagliando venga presentato entro sei mesi dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’elenco dei biglietti vincenti, pena la scadenza». 

Il pagamento avverrà entro 30 giorni. Ma attenzione, verificate bene i tagliandi, perché sono in tanti a dimenticarsene: oltre 27 milioni di euro i premi non riscossi della Lotteria Italia dal 2002 a oggi. E nell’edizione dello scorso anno: poco più di 1,2 milioni di euro. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero