Amori di carta e altri fantasmi

Amori di carta e altri fantasmi
LA RISCOPERTALe lettere d'amore sono ridicole? Così sostiene Pessoa, ma hanno sempre qualcosa di magnetico, e leggerle è indiscreto sì, ma rivelatore. Tanto più se sono...

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LA RISCOPERTA
Le lettere d'amore sono ridicole? Così sostiene Pessoa, ma hanno sempre qualcosa di magnetico, e leggerle è indiscreto sì, ma rivelatore. Tanto più se sono firmate da scrittori come Giorgio Manganelli. Uno si immagina tutto, di questo prosatore sofisticato, giocoliere serissimo della lingua, tutto tranne una lettera come quella inedita riprodotta qui accanto. Carica di ansia e di tenerezza, attrezzatissima linguisticamente, inerme quanto alla disposizione d'animo: indirizzata nel luglio del '69 – il Manga era uno splendido quarantasettenne con già alle spalle un libro come Hilarotragoedia – all'anglista Viola Papetti. L'ha recuperata il giovane Giorgio Biferali, mentre lavorava al suo bel saggio, appena uscito per Artemide, Giorgio Manganelli. Amore, controfigura del nulla (se ne discute oggi a Roma, Casa delle Letterature alle 18 con Sandra Petrignani). Biferali insegue Manganelli sulla pista dell'amore e degli amori, e affronta, di questo geniale tapiro – fisico tondeggiante, occhi piccoli, indole solitaria –, l'inesausto, malcelato corpo a corpo con il tema dei temi. L'amore, appunto. Ripercorre anche le sue vicende private, un primo matrimonio vissuto da separati in casa, altre storie lussuriose e complicatissime, che non bastano a Manganelli per avere fiducia fino in fondo nel Simposio di Platone o nel “dolce stil novo”.

Più Manganelli parla d'amore, spiega Biferali, più sembra intenzionato a negarlo: lo associa infatti a parole come allucinazione, frode, fantasma, malattia, lo teme, come teme l'«antro infido» del corpo femminile. L'amore per Manganelli è una condanna appesa a un «quasi», è attesa, è finzione, nulla vi è di sicuro. Così, l'indagine di Biferali ci mostra uno scrittore inquieto che riassocia amore e morte come un classico greco o latino redivivo, ma più ironico, più caustico, più viscerale, in una parola più disperato.
FANTASMA

«Perché compromettere la propria esistenza con una donna in carne ed ossa, se comunque è destinata a dissolversi? Tanto vale che sia già dissolta, scomparsa, inesistente» scrive Biferali su questo Manganelli “in love” che però nega testardo l'amore. E che arriva al paradosso di scrivere una lettera d'amore – proprio sulle pagine del “Messaggero”, con cui collaborò per molti anni – a una donna-fantasma: la Valentina di Guido Crepax. «A te non occorre esistere. Tengono il tuo posto odori, strani scricchiolii, ossa o carta, il fruscio di qualcuno che cammina. Valentina. Ripeto il tuo nome. Amo il tuo nome? Se lo pronuncio, piango d'un fiato: carissima»: così a una creatura di carta il Manga innalza il suo canto d'amore. Si sarebbe portati dunque a pensare che abbia amato nella sua vita più di ogni altra cosa la finzione, la letteratura: queste le conclusioni a cui approda Biferali. Certo è che quando scrive a Viola «la dirò quella parola amara e squisita, quella parola diffidente e fantastica» – la parola «amore» – il Manganelli innamorato si contraddice. Diventando, senza ironia e con dolcezza, uno scrittore romantico.
Paolo Di Paolo
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Il Messaggero