Pressioni sui vertici dell’Ama e sul dipartimento Ambiente per portare alla mancata approvazione del bilancio della municipalizzata. E l’inchiesta per tentata...
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LE PRESSIONI
Nei giorni scorsi davanti ai pm era stato il turno dell’ex direttrice del dipartimento Tutela ambiente, Rosalba Matassa, che ha lasciato l’incarico in dicembre. Ha raccontato che il direttore generale Giampaoletti le avrebbe fatto pressioni per certificare che alla municipalizzata non fossero dovuti i 18 milioni contesi. «Mi sono rifiutata e ho anche ricevuto un richiamo scritto», racconta ora. Una settimana fa, la Matassa ha scritto una lettera alla sindaca, protocollata in Comune il 14 febbraio. «Alcune strutture e dirigenti superiori, inspiegabilmente, hanno costantemente frapposto mille ostacoli o rallentamenti, a volte con maniera subdola e con atteggiamenti intimidatori che mal si addicono sia coloro che svolgono un pubblico servizio sia a chi professa la legalità e la trasparenza», si legge nel documento. L’ex dirigente parla di «determine dirigenziali bloccate per mesi in Ragioneria», di «abusi di potere e azioni vessatorie». Una su tutte: «Ciò che da qualcuno non mi è stato perdonato è stato il resistere, nel corso degli ultimi mesi, alle pressioni esercitate nei miei confronti affinché fossi io lo strumento del mancato riconoscimento del credito vantato da Ama relativamente ai famosi 18 milioni di euro relativi ai Servizi cimiteriali». Proprio questi atteggiamenti vessatori e minacciosi, raccontati dagli ex vertici del Dipartimento e della municipalizzata, per gli inquirenti potrebbero essere un tentativo di concussione a tutti gli effetti.
IL PARERE
Nel mirino della procura, anche il dietrofront del collegio sindacale di Ama, presieduto da Mauro Lonardo, che è già stato ascoltato dai pm. Il 27 marzo, infatti, il consiglio di amministrazione della municipalizzata aveva approvato un bilancio con un lieve attivo, con l’ok del collegio sindacale, che nel primo parere non aveva rilevato anomalie. L’assessore al Bilancio, Gianni Lemmetti, però, sostenuto dal dg del Campidoglio, aveva contestato il credito di 18 milioni di euro sostenendo che fosse legato al passato (sindaci Veltroni o Rutelli) e che quindi non dovesse essere riconosciuto all’azienda, anche se le giunte precedenti a quella Raggi lo avevano fatto. Un braccio di ferro che ha paralizzato la municipalizzata dei rifiuti per mesi, fino a quando il Cda ha optato per un compromesso: inserire quel credito in un fondo ad hoc. A quel punto, il collegio sindacale, il 29 dicembre scorso, ha cambiato il parere facendolo diventare negativo. Da qui la bocciatura del bilancio, le dimissioni dell’assessore Montanari - sentita dai pm il giorno dopo l’addio all’incarico - e la defenestrazione di Bagnacani, che aveva presentato un primo esposto già in novembre.
GLI SVILUPPI
Ma l’inchiesta, condotta dal Comando provinciale della Guardia di finanza, è alle battute iniziali e potrebbe travolgere altri pezzi della giunta pentastellata. Le fiamme gialle hanno già acquisito documentazione utile alle indagini. Il primo punto da chiarire, confrontando documenti, pareri e delibere, è stabilire se i 18 milioni contesi fossero effettivamente dovuti alla municipalizzata. In quel caso, la mancata iscrizione a bilancio sarebbe stata, come sostengono alcuni testimoni, un atto contrario alla legge.
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Il Messaggero