WRX, in Belgio Ekström (Audi) punta al poker di successi. Loeb (Peugeot) cerca il riscatto

La Peugeot 208 di Sebasten Loeb in primo piano
METTET – Meno di una settimana dopo la sua terza vittoria di fila, il campione del mondo del Fia World Rallycross Championship (Wrx) Mattias Ekström torna in pista in...

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METTET – Meno di una settimana dopo la sua terza vittoria di fila, il campione del mondo del Fia World Rallycross Championship (Wrx) Mattias Ekström torna in pista in Belgio per la quarta prova del circuito mondiale da favorito assoluto. Con la sua Audi S1 è inevitabilmente il pilota da battere: nel 2017, almeno nel Wrx, nessuno è ancora riuscito a precederlo sul traguardo della tornata finale.


Non a caso è primo nella graduatoria individuale con 85 punti e sul circuito Jules Tacheny si presenta anche come vincitore dell'ultima edizione della gara iridata. Lo svedese adora il tracciato belga, giudicato particolarmente insidioso («mi piace perché è diverso dagli altri ed è molto tecnico»): per gli assi del Wrx è stato studiato un percorso di 1.149 metri che integra in parte il circuito asfaltato di oltre 5,5 chilometri.

Ad Hockenheim, lo scorso week end, Ekström ha potuto concentrarsi esclusivamente su quello che vuole fare: stare al volante. Impegnato simultaneamente anche nel Dtm, il pilota della casa dei Quattro Anelli ha spiegato che «guidare è la parte più piccola di questa professione». E paradossalmente il doppio impegno gli ha garantito la possibilità di evitare altre incombenze. «In un fine settimana del genere – ha spiegato – non si possono accontentare tutti: non c'è tempo abbastanza». Ma con la vittoria almeno nel Wrx, una scuderia ed una serie di fans possono senz'altro ritenersi soddisfatti.

Un anno fa in Belgio, Sébastien Loeb (Peugeot 208) fu secondo: un risultato che la leggenda vivente del rally punta a migliorare, anche perché il suo ritardo in classifica è importante: 37 lunghezze. La “falsa partenza” di Barcellona (appena 3 punti) lo sta penalizzando e uno come lui è abituato a fare la lepre, non il cacciatore.
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Il Messaggero