Vw cresce in Italia: fatturato record, nel 2011 superati i 5 miliardi, utili +20%

Il frontale della grintosissima Audi RS4 in vendita proprio in questi giorni
MILANO - Vacanze tranquille, per quanto possibile in un momento in cui le difficoltà e le incertezze non fanno sconti a nessuno, per la squadra di Volkswagen Group Italia...

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MILANO - Vacanze tranquille, per quanto possibile in un momento in cui le difficoltà e le incertezze non fanno sconti a nessuno, per la squadra di Volkswagen Group Italia recentemente affidata a Massimo Nordio cha il 1° luglio ha sostituito Giuseppe Tartaglione sul ponte di comando nella sede veronese della corazzata di Wolfsburg. Che di corazzata si tratti, lo dimostra la capacità di affrontare in relativa tranquillità la burrasca che sta squassando il mercato italiano dell'auto, come conferma il -21,4% registrato alla fine di luglio da un sistema che ha perso in soli dodici mesi oltre un quinto del suo valore.


I conti tornano.
È stato proprio Tataglione, come atto conclusivo della sua gestione prima di passare a un incarico di respiro globale assegnatogli da Wolfsburg, a commentare presentare i risultati di un 2011, definendoli «particolarmente significativi proprio perché maturati a fronte di una contrazione del mercato vicina all'11%». In effetti, i dati economico-finanziari sono davvero importanti: il fatturato ha superato per la prima volta il muro dei 5 miliardi di euro (5,129) mettendo a segno un incremento del 3,9% rispetto al 2010. Ancora meglio, in percentuale, si sono comportati gli utili, visto che i 60,35 milioni ante imposte equivalgono a 38,27 milioni netti, in crescita del 20% rispetto all'anno precedente. Quanto alle vendite, le 240.181 consegne effettuate - altro dato in crescita subase annua - hanno portato la quota di mercato al 13,1% rispetto all'11,6 consuntivato dodici mesi prima.

I marchi corrono.
«I nostri progressi - ha sottolineato Tartaglione - sono il frutto dell'ottimo lavoro dei brand, ben supportati dalle rispettive reti». In effetti tutti i marchi gestiti dalla sede veronese hanno fatto il proprio dovere, a cominciare dall'ammiraglia che dà il nome all'intero gruppo. Sulla spinta di Golf (che resta la regina del segmento C) e Polo, ma anche dei buoni risultati di Passat e Tiguan, la marca VW ha consegnato 138.834 vetture, con un aumento dell'1,7% che ha portato lo share a guadagnare un punto percentuale, dal 7 all'8%. Sostanzialmente stabili, attorno a quota 60.000, le vendite Audi che per il terzo anno consecutivo ha confermato la propria leadership tra i costruttori premium. Ritrovato il segno più anche da parte della Seat, forse la marca che stenta di più a trrovare la propria collocazione sul mercato: al traino della Ibiza le vendite sono aumentate del 3% a 16.100 unità, mentre solo Skoda è apparsa in regresso. Un calo talmente limitato (da 14.777 a 14.345 unità) da non impedire al marchio ceco d migliorare la quota di mercato, portandola allo 0,82%, livello che i responsabili ritengono ancora inadeguato alle realti potenzialità del brand. Grandi soddisfazioni, infine, da Volkswagen Veicoli Commerciali protagonista di un autentico exploit che l'ha portato per la prima volta a superare (di 311 unità) il muro dei 10.000 veicoli venduti, mettendo a segno un aumento vicino al 50%. Una performance impressionante, soprattutto perché ottenuta in un mercato ancor più ifficile, se possibile, di quello dell'auto. Ne fa fede la quota sul mercato di competenza, passata in dodici mesi dal 4,3 al 6,4%.

Il prestigio sale.
Detto che anche il Centro distribuzione ricambi ha fatto la sua parte, migliorando il fatturato dell'1,7% a 471,4 milioni, resta da sottolineare come Volkswagen Group Italia sia stato inserito tra le 100 aziende italiane prese in considerazione del Reputation Institute per la sua ricerca annuale svolta in oltre 30 Paesi e finalizzata a misurare la percezione delle aziende da parte dei consumatori. In questa classifica il gruppo di Verona si è classificato primo del settore automotive, posizionandosi subito ai piedi del podio occupato nell'ordine da Armani, Ferrero e Barilla. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero