Urso: «Cambio nome Milano in Junior è una buona notizia». Imparato: «No cambi per piani produzione Alfa Romeo in Italia»

L'Alfa Romeo Milano ora Junior
"Credo sia una buona notizia, che giunge proprio nella giornata del made in Italy che esalta il lavoro, l'impresa, la tipicità e la peculiarità del prodotto...

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"Credo sia una buona notizia, che giunge proprio nella giornata del made in Italy che esalta il lavoro, l'impresa, la tipicità e la peculiarità del prodotto italiano che tutti ci invidiano nel mondo". Così Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, commenta la decisione di Stellantis di cambiare nome alla nuova Alfa Romeo Milano in 'Junior', a margine di un'iniziativa per la giornata del made in Italy a Milano. Secondo Urso si tratta di "una buona notizia, che penso che possa esaltare il lavoro e l'impresa e consentirci di invertire la rotta, anche per quanto riguarda la produzione di auto nel nostro Paese".

Nessun cambio nelle produzioni di Alfa Romeo in Italia dopo le polemiche con il Mimit per la scelta del nome della nuova vettura del Biscione per il quale si e’ deciso oggi di cambiare il nome da Milano a Junior. Ad assicurarlo il ceo del brand, Jean-Philippe Imparato. “Carlos Tavares mi ha chiamato nel weekend - ha detto Imparato - le nostre decisioni non saranno impattatate da questo episodio, quando decidiamo di alloccare una vettura la decisione viene presa in maniera molto precisa, sulla base di cifre in un comitato ad hoc quindi non è immaginabile che un esponente del governo, di qualsiasi governo, possa avere impatto su questo tipo di decisioni”. “Ora ripartiamo sperando che la questione si chiuda qui”, ha osservato ancora Imparato precisando: “nessuno venerdì mi ha detto di cambiare il nome ma quando respiri una certa aria devi farlo. Non vogliamo pagare multe, i soldi dell’azienda sono troppo importanti, non voglio pagare per avere il diritto di importare macchine e non voglio vedere le mie auto bloccate, quindi nello spirito corretto cambio nome dappertutto nel mondo”, ha detto ancora il ceo del Biscione.

 

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Il Messaggero