Il tocco rosa dei fleet manager: quattro su dieci sono signore

Il tocco rosa dei fleet manager: quattro su dieci sono signore
ROMA - Si tinge di rosa il mondo del fleet management. Lo afferma GR Advisory, società specializzata in analisi di mercato che ha radiografato il panorama dei fleet manager...

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ROMA - Si tinge di rosa il mondo del fleet management. Lo afferma GR Advisory, società specializzata in analisi di mercato che ha radiografato il panorama dei fleet manager italiani coinvolgendo 500 aziende con flotte superiori ai 30 veicoli. Di queste, oltre 300 hanno accettato di rispondere al “web survey” realizzato in forma anonima e articolato in tre aree tematiche d’indagine. Nell’elenco dei partecipanti figurano anche un campione di Pmi e uno di aziende che dei veicoli fanno un utilizzo strumentale, costituendo parchi che fanno parte delle cosiddette flotte operative.


Proprio in quest’ultimo comparto il ruolo delle donne nella gestione dei veicoli aziendali è, come spiega Davide Gibellini che della società di consulenza è Ceo e “Managing partner”, tutto sommato marginale, quasi a rafforzare la convinzione molto maschile che l’altra metà del cielo preferisca defilarsi quando si tratta di avere a che fare con i motori e dintorni. Un pregiudizio che la fetta più corposa del campione preso in esame da GR Advisory smentisce con la forza di dati addirittura clamorosi: nel 42% dei casi analizzato, la responsabilità della flotta è nelle mani di una donna, in prevalenza di età compresa tra 35 e 50 anni, che nella struttura gerarchica figura come impiegata (42%) e come quadro (58%).

Nove “signore delle flotte” su 10 sono in possesso almeno del diploma di scuola media superiore. La ricerca evidenzia anche come il peso del fleet management al femminile sfiori la metà del totale (48%) nelle aziende di maggiori dimensioni, dove l’auto viene assegnata in uso promiscuo affiancando al ruolo di strumento di lavoro quello di benefit aziendale. «Fino a 15 anni fa – ci ricorda Gibellini – questa figura professionale era esclusivamente maschile, mentre oggi si tinge sempre di più di rosa. Perché le donne non hanno forse la stessa passione per l’auto dei colleghi maschi, ma questo di trasforma in un vantaggio perché consente a loro di avere una visione magari meno profonda, ma più ampia e più trasversale».

La parità di genere, quindi, si fa largo anche tra le auto aziendali, ma senza cancellare le differenze che ancora permangono a livello generale. Oltre il 60% delle fleet manager pensa che la visibilità, i riconoscimenti e la retribuzione non siano allineate alle reali responsabilità e al peso del loro ruolo sull’attività aziendale. Una disparità che si manifesta anche quando si “capovolge”, come ha fatto GR Advisory, il punto di osservazione, passando dall’analisi della donna che gestisce a quella che l’auto aziendale la utilizza. Nell’ambito di un’altra ricerca condotta su 1.500 vetture assegnate come “fringe benefit” dimostra infatti che il management femminile dispone mediamente di vetture di segmento inferiore rispetto ai colleghi maschi, la cui “passione” per i motori trova espressione nella preferenza per modelli sportivi e performanti, meglio se griffati da costruttori premium.

A rafforzare la sensazione di livelli manageriali differenti in base al sesso concorre anche la cilindrata, mediamente inferiore nel caso delle auto in uso alle donne, che però si prendono la rivincita per quanto riguarda l’ambiente, visto che i consumi dei guidatori maschi superano di circa il 4% quelle registrati dal personale femminile.

Tornando alle fleet manager, il loro peso secondo Gibellini è destinato a crescere ancora: «Nei convegni di categoria prima si vedevano solo giacche e cravatte. Adesso le donne sono sempre più numerose e si dimostrano più attente all’innovazione e ai grandi cambiamenti – soprattutto quelli ambientali – del mondo dell’auto. Molte aziende preferiscono una figura femminile per l’attitudine problem solving e la praticità con cui le donne affrontano molte situazioni che richiedono il bilanciamento di esigenze contrastanti». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero