Ricambi auto, a Bologna la finanza scopre maxifrode. Sequestro beni per 6 milioni e cinque persone indagate per evasione Iva

Controlli della Gurdia di Finaza sui ricambi auto
Una evasione di Iva per oltre 6 milioni di euro, realizzata attraverso un vorticoso giro di fatture false per circa 30 milioni di euro. È la maxifrode scoperta dalla...

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Una evasione di Iva per oltre 6 milioni di euro, realizzata attraverso un vorticoso giro di fatture false per circa 30 milioni di euro. È la maxifrode scoperta dalla Guardia di Finanza di Bologna, che ha eseguito un decreto di sequestro preventivo, emesso dal Gip Domenico Truppa, a carico di due società bolognesi che operano nel commercio dei pezzi di ricambio per auto. Le fiamme gialle hanno denunciato cinque persone, tra le quali due imprenditori bolognesi, nei cui confronti sono stati sottoposti a sequestro diversi immobili e ingenti disponibilità finanziarie. L’ammontare complessivo dei beni sequestrati è di circa 6 milioni. La misura cautelare segna l’epilogo di un’articolata indagine coordinata dal pm Tommaso Pierini e condotta dal nucleo di polizia economico-finanziaria di Bologna. La frode sarebbe stata realizzata attraverso la fittizia interposizione di soggetti economici esteri nella compravendita di pezzi di ricambio per automezzi di un noto brand.

Grazie anche alla collaborazione delle autorità giudiziarie francesi e ungheresi, è stato accertato che le due imprese bolognesi avevano acquistato pezzi di ricambio per svariati milioni di euro da due compiacenti grossisti piemontesi. Questi ultimi, anziché fatturare applicando l’Iva, hanno simulato vendite in favore di società con sede in Ungheria, sfruttando il regime di «non imponibilità» previsto per gli scambi intracomunitari. Per rendere più credibile questo modus operandi è stata coinvolta anche un’azienda di logistica di Torino, incaricata di approntare falsi documenti attestanti il trasporto e il deposito della merce in Francia. Le indagini hanno consentito di scoprire che le aziende ungheresi, riconducibili a uno degli imprenditori italiani e artefici del disegno fraudolento, erano del tutto prive di un’adeguata organizzazione di risorse e mezzi strumentali. Inoltre, l’incrocio tra i dati contenuti nei documenti di trasporto con le date e gli orari dei transiti di automezzi in uscita dall’Italia, attraverso il traforo del Frejus, ha smascherato la fittizia movimentazione della merce.

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Il Messaggero