Strade italiane, in 10 anni 50 mila morti: la fondazione Ania si rivolge al governo

La raccapricciante scena del pulmann pieno di persone volato da un viadotto della A16
NAPOLI - Dopo il dolore e il lutto per la tragedia del bus precipitato nel vuoto sulla A16, il tema della sicurezza stradale è tornato al centro dell’attenzione. Al di là...

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NAPOLI - Dopo il dolore e il lutto per la tragedia del bus precipitato nel vuoto sulla A16, il tema della sicurezza stradale è tornato al centro dell’attenzione. Al di là delle responsabilità da accertare, un dato è purtroppo certo: l’Italia non ha raggiunto l’obiettivo comunitario del dimezzamento delle vittime della strada entro il 2010. Nel nostro Paese, negli ultimi 10 anni sono morte oltre 50mila persone a causa degli incidenti stradali. E il 2011 ha registrato 3860 morti, più un milione quasi di feriti, centomila dei quali hanno riportato lesioni permanenti gravi. Particolare non secondario, a queste cifre drammatiche si aggiunge il costo sociale degli incidenti, stimato in 28 miliardi di euro l’anno, due punti percentuali del pil.


Che fare di fronte a questo autentico bollettino di guerra? La fondazione ANIA per la sicurezza stradale scende in campo con il presidente Aldo Minucci, più che mai deciso a coinvolgere lo Stato sul tema tornato drammaticamente d’attualità dopo la tragedia del viadotto Acqualonga. “La sicurezza – ha dichiarato Minucci – deve essere una priorità nell’agenda del governo. Letta ha evocato la centralità del problema, ma riteniamo doveroso sottolineare la necessità di impostare una strategia chiara e definita da parte delle autorità”. Insomma, un richiamo forte all’esecutivo, accompagnato da un monito: “Non possiamo considerare la sicurezza stradale un tema importante solo dopo una tragedia come quella del bus”.

Interventi sulle infrastrutture, ma non solo. Secondo gli esperti dell’associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, focalizzare l’attenzione esclusivamente sulle condizioni delle strade, sui guard-rail, le protezioni in cemento e la loro manutenzione non è giusto. “E’ accertato che soltanto il 20% degli incidenti stradali è causato dallo stato delle infrastrutture, mentre l’80% è riconducibile ad errati comportamenti del conducente – osserva ancora Minucci -. E in questa ottica - aggiunge - se sono fondamentali i 300 milioni di euro di investimenti annunciati per migliorare la rete infrastrutturale, andando a rimuovere i cosiddetti black point, i punti critici della viabilità, ancor più importanti sono azioni educative e formative che riescano ad inculcare una profonda cultura del rispetto delle regole della strada”.


Urgono investimenti in tecnologia e nuove norme. E’ questa la convinzione degli esperti del ramo assicurativo. Secondo i vertici dell’Ania, infatti, le forze dell’ordine non dispongono di risorse sufficienti per sorvegliare il regolare svolgimento della circolazione ed avrebbero bisogno del supporto di ulteriori sistemi tecnologici, come il Tutor, che dove è presente dà risultati soddisfacenti. “E’ indispensabile – insiste Minucci - che il governo dia priorità al problema e, al tempo stesso, avvii azioni che sollecitino l’impegno del settore pubblico, di quello privato e dei media, che svolgono un ruolo prioritario nell’opera di sensibilizzazione ed informazione della collettività. Solo così l’Italia, oggi agli ultimi posti nelle classifiche europee della sicurezza stradale, potrà aspirare a diventare leader europeo del settore, garantendo ai propri cittadini un diritto sacrosanto per un paese civile, ovvero quello della mobilità a rischio accettabile». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero