Non è una operazione nostalgia. Era nella natura delle cose. Mclaren con Honda, Alonso di nuovo in Mclaren come nel 2007, i giapponesi che abbandonano decisamente le velleità da...
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McLaren insieme ad Honda, tra il 1988 e il 1992, hanno vinto 44 Gran Premi, 4 titoli mondiali costruttori, e altrettanti Piloti. Oltre naturalmente ad aver inventato la leggenda automobilistica assoluta chiamata Ayrton Senna, ancora oggi al pietra di paragone di qualsiasi pilota sul piano sportivo, e umano.
«Sono motivato più che mai, il mio obiettivo è di scrivere un nuovo capitolo di successo nella storia McLaren-Honda». Queste le prime parole di Fernando Alonso nel giorno della presentazione nel quartier generale di Woking della nuova MP4-30, la monoposto che correrà nel mondiale 2015, con ambizioni forse più dense e diverse da qualsiasi altra scuderia pretenda di intaccare lo strapotere Mercedes.
Proprio alle stelle d'argento si è ispirato Peter Prodromou, nuovo ingegnere capo approdato alla Mclaren dalla Red Bull. La nuova vettura è una sintesi ben riuscita del frontale senza protuberanze targato Mercedes con le fiancate molto più strette già portate in gara dalla scuderia austriaca e da Vettel. A lui e alla Ferrari, Alonso e la Mclaren sembrano non guardare affatto. Neppure per rancore, ma squisitamente per un fatto tecnico, e strategico, a lungo termine.
«Siamo preparati a un lungo periodo di apprendimento, ma è chiaro osservando da dentro il team McLaren-Honda che l’impegno totale” – chiarisce Alonso, parlando anche per il suo compagno di squadra Jenson Button – “è un vero e proprio cambiamento di sentimenti con l’inizio di questa nuova partnership. Siamo tutti concentrati sulla sfida che abbiamo innanzi e mi sento molto onorato di far parte di un binomio che ha condiviso tanta storia insieme. Siamo consapevoli degli sforzi e del duro lavoro di squadra che saranno necessari per portare il team dove dovrebbe essere, ovvero nella parte superiore della griglia, e tutta la nostra energia è concentrato su questo obiettivo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero