Autovelox in “borghese” ai privati. In Francia aumentano le “auto civetta” sulle strade per controllare i limiti di velocità

Un'auto civetta sulle strade francesi dotata, sotto la targa, del dispositivo radar per il controllo dei limiti di velocità
PARIGI - Le autorità francesi stanno per potenziare la flotta delle auto civetta (prive cioè di insegne e colorazioni particolari e dotate di normali targhe civili)...

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PARIGI - Le autorità francesi stanno per potenziare la flotta delle auto civetta (prive cioè di insegne e colorazioni particolari e dotate di normali targhe civili) che circolano su strade e autostrade per controllare il rispetto dei limiti di velocità e, più concretamente, elevare una enorme quantità di multe. Dalle attuali 402 vetture che nel 2019 hanno sanzionato 1.334.276 automobilisti con entrate per lo Stato - secondo i calcoli della Lega per la Difesa dei Guidatori - pari a quasi 10,5 milioni di euro, si passerà ad un numero leggermente superiore (450 vetture) nel 2023 ma con la novità che a guidarle e a far funzionare i radar e i sistemi di sanzionamento saranno al 100% autisti privati e non più agenti di polizia.



Questa rivoluzione rispetto alla situazione del 2020 - con 40 auto civetta gestite da società private - permetterà di ottenere un 'fatturato' annuo ben superiore agli attuali 10,5 milioni di euro. Secondo quanto ha scoperto la Lega per la Difesa dei Guidatori ogni vettura data in gestione potrà generare incassi per 262.200 euro all'anno, cifra che porterebbe - dopo aver sottratto tutti i costi, escluso l'acquisto del veicolo, come carburante, manutenzione del veicolo e del radar stesso e stipendio del conducente - un utile netto di 194.000 all'anno.

La previsione è dunque che dopo uno step intermedio nel 2022, con 223 auto civetta privatizzate, l'anno successivo questa attività possa far entrare nelle casse dello Stato francese circa 118 milioni di euro, con "un obiettivo - scrive la Lega per la Difesa dei Guidatori - purtroppo ben diverso dalla nostra sicurezza sulle strade". Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero