D'Ambrosio, il Team Principal della scuderia più "italiana": «Il nuovo sistema di qualifica è più meritocratico»

Jerome D'Abrosio , team principal della Venturi FE, con il suo "capo", Susie Wolff moglie di Toto
VALENCIA – La scuderia più “azzurra” della Formula E sta a due passi dal confine di Ventimiglia. Ma non è per quello che si parla anche italiano....

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VALENCIA – La scuderia più “azzurra” della Formula E sta a due passi dal confine di Ventimiglia. Ma non è per quello che si parla anche italiano. La ragione principale sono le origini dei due piloti e del nuovo Team Principal, ossia Edoardo Mortara, Lucas di Grassi e Jerome D'Ambrosio. I primi due hanno anche la nazionalità italiana, mentre la famiglia paterna del manager belga ha radici campane. Poi c'è Alessio Simeti, è il capo meccanico del pilota elvetico: «Non è caro che, quando discutiamo, ci capiti di farlo in italiano», ammette D'Ambrosio, che in Formula E ha avuto entrambi i “suoi” piloti come avversari.

Non è strano, farsi accettare come Team Principal da colleghi con i quali hai gareggiato fino a due anni fa?

«Edo e Lucas, senza nulla togliere agli altri, sono due piloti molto, molto intelligenti. Quando ci confrontiamo, lo facciamo in maniera aperta e onesta. Poi, come è naturale che sia, molto dipende anche da stati d'animo e circostanze».

La Formula E è una classe del motorsport che parla di sostenibilità e di inclusione. Voi, con Susie Wolff prima Team Principal e adesso Ceo, siete un esempio anche diversità. Come la mettiamo con altri grandi temi?

«Noi ci spostiamo per gareggiare. Le nostre gare vengono ospitate in paesi diversi, che hanno culture differenti. Da una parte ci deve essere il rispetto per i valori dei paesi che ci ospitano, dall'altra la certezza di restare sé stessi».

Le monoposto del futuro, le Gen3, avranno 350 kW e andranno a 320 all'ora...

«La Formula 1 viene sempre presa come termine di paragone: il mio ultimo Gran Premio l'ho corso a Monza, dove raggiungi i 370 orari. Ma un conto è quella velocità in pista e un altro sono i 250, che sembrano pochi, su strade urbane».

Tipo quelle di Roma.

«Già gli attuali 340 cavalli fanno impressione, ma i futuri quasi 500 richiedono una grande attenzione perché le monoposto di Formula E hanno in minor carico aerodinamico e montano gomme che devono bilanciare esigenze di sostenibilità e tenuta. E a Roma, sì, devi sapere gestire passaggi ad alta velocità dove capita di stare anche tutte e quattro le ruote per aria».

Ti piace il nuovo sistema di qualifica?

«È più meritocratico e secondo me porterà a una maggiore stabilità e coerenza nei risultati».

Vuol dire che non succederà come la scorsa stagione quando alla fine erano in tanti a poter vincere?

«I valori delle auto sono molto vicini e saranno i dettagli a fare la differenza, ma non credo che succederà come nello scorso campionato».

I dettagli? Non saranno i piloti a fare la differenza?

«L'incidenza del pilota è maggiore proprio perché le auto sono simili».

Quindi i piloti di Formula E sono più bravi?

«In Formula 1 ci sono divari abissali tra una macchina e l'altra. Nella Formula E non è così e quasi qualsiasi pilota può centrare risultati interessanti. Però dobbiamo anche chiederci perché certe scuderie hanno ingaggiato determinati piloti e non altri».

Gli obiettivi della Rokit Venturi per la stagione che sta per cominciare?

«Cominciare da dove abbiamo finito (l'ultimo ePrix, a Berlino, in agosto, era stato vinto da Norman Sato, della scuderia monegasca, ndr). Abbiamo alle spalle una bella seconda metà di stagione».

I favoriti?

«Le Mercedes continueranno ad andare fortissimo e anche le Jaguar saranno sempre lì. Ma anche la Envision, la Nissan e la Porsche saranno in grado di dire la loro. Noi dobbiamo lottare lì davanti».

Si deciderà solo nel finale?

«La mia sensazione è che già dopo qualche gara si delineerà una tendenza».

 

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Il Messaggero