ROMA - Imposizioni fiscali sui canoni di concessione o autorizzazione percepiti dalle Autorità di sistema portuale? Sarebbe una iattura che rischierebbe di compromettere il...
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Complessivamente, per i porti italiani passano annualmente 480 milioni di tonnellate di merci: tra queste,180 milioni di merci liquide, 70 milioni di tonnellate di rinfuse solide, 220 milioni di merci varie (di cui, 95 milioni di tonnellate su rotabili e 120 milioni in container). In questa enorme quantità di merci che si sposta attraverso il sistema marittimo e i porti, ci sono parte delle fonti energetiche fossili, come greggio e gas, e poi merci che interessano direttamente la nostra produzione manifatturiera: prodotti petroliferi raffinati, manufatti in metallo, prodotti agricoli e alimentari, minerali, prodotti chimici e articoli in plastica e gomma, materiali edili, legno e carta, prodotti a elevato valore aggiunto come apparecchiature e macchinari, mezzi di trasporto, mobili. Né bisogna dimenticare che il turismo interno e internazionale gioca e giocherà sempre di più un ruolo chiave nello sviluppo italiano: oggi i movimenti dei passeggeri nei nostri porti superano i 45 milioni, di cui 11 milioni relativi ai crocieristi. Anche questo traffico di persone transita attraverso i nostri porti e i concessionari che vi operano».
E infine l’appello al governo. «Non può sfuggire - conclude la Federazione del mare - che, per un’economia così integrata nelle attività marittime internazionali, come quella italiana, e per un paese dalla forte dimensione insulare qual è il nostro, aumenti nei costi portuali avrebbero conseguenze del tutto negative sull’andamento dei prezzi e sulla crescita. Per questo, il cluster marittimo chiede al Governo un’attenta valutazione politica della questione e una reazione adeguata». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero