Modlinger (Porsche): «Con le Gen 3 i rettilinei di Roma non sono più dei veri rettilinei. Noi dobbiamo migliorare in qualifica»

Florian Modlinger, responsabile del progetto Formula E di Porsche
VALENCIA – «Episodi del genere non dovrebbero verificarsi mai, ma va anche detto che nella Formula E non c'era mai stato un problema simile con una batteria...

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VALENCIA – «Episodi del genere non dovrebbero verificarsi mai, ma va anche detto che nella Formula E non c'era mai stato un problema simile con una batteria destinata alla trazione. In altre classi ci sono stati casi, ma la sicurezza al cento per cento non esiste. Va fatta assoluta chiarezza su quello che è accaduto qui e vanno tratte le adeguate conclusioni». Florian Modlinger, responsabile del progetto Formula E di Porsche, è misurato, ma anche deciso nel commentare l'incendio della batteria che ha accompagnato i primi giorni dei test ufficiali di Valencia.

Ma vi sentite al sicuro?

«In pista, assolutamente sì».

Roma esce dal calendario...

«Personalmente torno sempre volentieri a Roma. È una grande sfida, un circuito eccezionale nel quale il pilota e la scuderia possono fare la differenza. Una corsa spettacolare».

Però?

«Se facciamo un passo indietro, alla conferenza stampa che ha preceduto l'evento di quest'anno mi ero permesso di mettere in guardia che quelli che prima erano dei rettilinei, con le monoposto Gen 3 non lo sarebbero più veramente stati. E anche che avremmo raggiunti i limiti delle vetture e della sicurezza. Quello che poi è accaduto non è stato bello».

Una questione di sicurezza, insomma?

«Posso comprendere che quello della sicurezza sia un aspetto, sì. Se poi ci siano altre ragioni, questo non sono in grado di dirlo».

Quanto influisce sulla preparazione quello che è successo martedì?

«Era pianificato che stessimo in pista per tre giorni per un totale di diciotto ore. Abbiamo avuto tre ore il primo giorno e adesso andiamo avanti con quattro e mezzo e venerdì altre dieci: significa che avremo praticamente tutto il tempo che era stato fissato, senza contare che siamo stati sollevati dall'obbligo di schierare un debuttante (ma la Tag Heuer Porsche ha mandato comunque in pista la ceca Gabriel Jilkova, che ha girato con la monoposto di Antonio Felix Da Costa giovedì pomeriggio, ndr). Riteniamo di riuscire a portare a termine il nostro programma, seppur con altri tempi e altre modalità».

Cosa avete imparato dalla passata stagione?

«Che abbiamo sviluppato un prodotto molto competitivo, cioè la Porsche 99x Electric, che ha vinto 6 gare e con la quale Jake Dennis (sotto contratto con la Andretti, scuderia cliente della Porsche, ndr) si è aggiudicato il titolo piloti. Siamo stati costantemente veloci sulla diverse piste e con possibilità di vincere. Come squadra siamo maturati e siamo fra le migliori. Nelle qualifiche e nelle gare abbiamo avuto un quota bassa di errori che deve venire mantenuta. Anche tecnicamente non ci sono state infrazioni alle norme sulle unità di controllo».

Qualcosa però è mancato.

«Le analisi hanno dimostrato che abbiamo una grande debolezza, la qualifica. Se approfondiamo questo aspetto vediamo che il problema ha riguardato più Da Costa che non Wehrlein. Significa che dobbiamo intervenire sul pacchetto, ossia monoposto, prestazioni della squadra e del pilota e migliorare per avanzare dalla quarta alla posizione di testa».

Qualcosa in particolare?

«Gli pneumatici e la preparazione delle gomme e come vengono impiegate sono stati fattori decisivo, ma anche se si guarda ai due lati del garage, c'è da migliorare. Abbiamo già cominciato a lavorare nel corso dell'estate per sfruttare al massimo il nostro potenziale».

Tutto si gioca in un giro...

«Magari bisogna guardarsi anche il giro che precede quello veloce...».

A quanto pare la Formula E si sposta sempre più verso i circuiti fissi: va sempre bene?

«La Formula E deve continuare a portare il motorsport nelle città e verso gli spettatori, anche nuovi. Secondo noi deve restare un certo numero di gare su circuiti urbani, anche se le monoposto subiscono ulteriori sviluppi tecnologici. Poi va considerato dove si trovano le strutture permanenti: Città del Messico è un autodromo ed è un esempio perfetto perché è quasi dentro la città e soddisfa entrambe le esigenze. Una soluzione con la metà della gare in circuiti fissi e l'altra lungo tracciati urbani è accettabile, anche con una piccola oscillazione in più o in meno».

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Il Messaggero