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BRUXELLES - In tre anni ha resuscitato il regno Renault dall’inferno dello scandalo Ghosn. Ora affila le armi per portare l’Europa delle auto con sé oltre il guado dalla guerra industriale contro Usa e Cina, battendosi con i vertici Ue per assicurare una transizione verde «coerente, realistica» e decisa «di comune accordo». Alla vigilia della comunicazione della Commissione europea sul nuovo piano industriale ‘Net-Zerò per rispondere ai sussidi green di Washington, il ceo del gruppo francese e neo-eletto presidente dei costruttori Ue di auto (Acea), Luca de Meo, non le manda a dire a Bruxelles: l’automotive non può portare da sola il peso del taglio delle emissioni del 100% entro il 2035. Il rischio è di mietere vittime tra le case automobilistiche sotto il peso di un’elettrificazione troppo veloce, requisiti di emissioni troppo stringenti e un mancato approccio comune.
Accuse estese anche alla nuova proposta di direttiva Euro 7.
Due approcci contrapposti che rischiano di erodere la competitività dell’industria europea oggi in svantaggio sull’elettrico - a partire dalle materie prime - dopo essere stata «a lungo avvantaggiata lungo la catena del valore dei veicoli con motore a combustione interna». «I nostri concorrenti hanno in mano molte carte che noi ancora non abbiamo» e per non farli vincere, avverte il ceo di Renault, «l’Europa dovrebbe lavorare insieme all’industria automobilistica»: discutendo il nuovo piano industriale, la ventura proposta di legge sulle materie prime critiche - in arrivo a marzo -, il ruolo dell’ibrido high-tech nell’uscita da diesel e benzina, e anche l’Euro 7. Per il manager milanese è potenzialmente «dannosa» costringendo i produttori «a investire miliardi di euro per guadagni ambientali minimi», al punto da far chiudere i battenti a ben quattro impianti Renault . Portando, in un infausto presagio, alla «de-industrializzazione» del Vecchio Continente.
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