Brabham BT62, la storia della Formula 1 in una supersportiva da pista

La Brabham BT62
ROMA - Torna la Brabham, ma non in Formula 1, e lo fa con la BT62, la prima auto che non sia una monoposto che porta il nome di una famiglia che ha dato tantissimo al motorsport,...

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ROMA - Torna la Brabham, ma non in Formula 1, e lo fa con la BT62, la prima auto che non sia una monoposto che porta il nome di una famiglia che ha dato tantissimo al motorsport, a partire da Jack Brabham per finire ai figli Geoff, Gary e David che è l’amministratore delegato della Brabham Automotive e ha svelato la vettura nella House of Australia a Londra, un luogo che riassume la storia dei Brabham.


Il primo e l’unico. Jack Brabham infatti nacque in Australia nel 1929 e vi è morto nel 2014 all’età di 88 anni, ma ha trovato nel Regno Unito la propria consacrazione condividendo negli anni ’60 il destino di pilota-costruttore con Bruce McLaren, ma con fortune sicuramente maggiori, almeno come uomo e come pilota visto che il neozelandese morì nel 1970 a Goodwood mentre collaudava la M8D per il campionato Can-Am. Brabham invece, oltre a vivere una serena vecchiaia, riuscì a vincere da pilota 3 titoli. Quelli del 1959 e del 1960 furono conquistate al volante delle rivoluzionarie Cooper a motore posteriore, un anno prima che Brabham decidesse di farsi la sua scuderia e la sua vettura con la quale avrebbe vinto nel 1966 con la BT19 facendo di lui il primo ed unico pilota della Formula 1 ad aver vinto su un’auto di propria costruzione.

Stirpe di piloti. Anche i figli sono fatti onore: Geoff ha infatti vinto un campionato Can-Am, 4 Imsa e una 24 Ore di Le Mans nel 1993 con la Peugeot, risultato bissato da David nel 2009 con la stessa macchina dopo 2 vittorie di classe con l’Aston Martin (2007 e 2009), 3 trionfi alla 12 Ore di Sebring (2003, 2005 e 2006) e 2 vittorie nella American Le Mans Series (2009 e 2010). Le Brabham invece hanno vinto altri tre titoli per piloti: nel 1967 con David Hulme (soffiandolo proprio al “patron” del team) e gli altri due per mano del brasiliano Nelson Piquet, ultimo dei quali a bordo della BT52B a freccia spinta dal 4 cilindri turbo BMW. Le Brabham sono ricordate anche per altre innovazioni come la BT46 del 1978, progettata da Ford Murray e ricordata come l’”auto-ventola” per l’enorme ventilatore che aveva nella parte posteriore, alla fine del condotto Venturi e che serviva a creare l’effetto suolo con l’ausilio delle cosiddette “minigonne”, bandelle laterali mobili che sigillavano il flusso interno per creare una enorme deportanza. Dopo il debutto al Gran Premio di Svezia, la BT46 fu però dichiarata irregolare. Il team ha operato fino alla bancarotta del 1992.

Meno di 1.000 kg per 710 cv. La nuova BT62 si ricollega a quella storia gloriosa riprendendo direttamente la denominazione tradizionale e la numerazione progressiva che si era interrotta con la BT60B. La BT62 è lunga 4,46 metri e ha un telaio in fibra di carbonio e kevlar oltre ad un’aerodinamica estremamente spinta che assicurerebbe una deportanza di 1.200 kg. Le sospensioni sono del tipo push-rod, con assetto regolabile e ammortizzatori Ohlins a controllo elettronico. Il motore è marchiato Brabham e ricavato da un’unità preesistente fornita da un costruttore che Brabham non ha voluto rivelare. Il V8 aspirato di 5,4 litri eroga 710 cv a 7.400 giri/min e 667 Nm a 6.200 giri/min che, su un’auto che dichiara un peso di 972 kg a secco per un rapporto peso/potenza di 1,37 kg/cv, fanno immaginare prestazioni straordinarie. Da corsa anche l’interno, con i comandi raccolti al centro e la strumentazione concentrata su un display digitale di fronte al pilota con un volante in fibra di carbonio che sembra in tutto e per tutto quello di una Formula 1.


Solo 70 esemplari. La BT62 costerà oltre un 1 milione di sterline (tasse escluse) e sarà prodotta artigianalmente nella piccola factory di Winchester, a 2 ore di macchina da Londra in direzione Ovest-Sud Ovest, in soli 70 esemplari, quanti gli anni che ci separano dal 1948 quando Black Jack – così veniva soprannominato Brabham per la sua fitta capigliatura scura – debuttò nelle competizioni, e di queste le prime 35 (come i gran premi vinti) avranno la livrea nera e verde con la quale nel 1966 vinse il suo primo campionato da costruttore. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero