ROMA - Arrivano i numeri, sono più di 645.000 in Italia le auto del gruppo Volkswagen che saranno richiamate «per manutenzione» dopo lo scandalo delle emissioni truccate....
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La casa di Wolfsburg cerca di risollevare la testa, promette interventi tempestivi. «Abbiamo di fronte una grande sfida, riconquistare la fiducia dei consumatori», afferma Rupert Stadler, numero uno di Audi, marchio coinvolto nella truffa. Il dieselgate non ha ripercussioni, almeno per ora, sul mercato italiano che a settembre segna una nuova crescita del 17,2% con 130.071 immatricolazioni e un totale da inizio anno di 1.196.270 consegne, il 15,3% in più dell'analogo periodo 2014.
Parla di «segnali incoraggianti» l'Unrae, l'associazione delle case automobilistiche estere. È ottimista Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor: «non vi sono ragioni - spiega - per ritenere che nell'ultimo trimestre dell'anno il mercato italiano possa rallentare nel recupero a due cifre iniziato nel 2015». Tirano un sospiro di sollievo i concessionari Volkswagen e Audi, invita a evitare allarmismi sulle auto di nuova produzione l'Anfia. Le preoccupazioni però restano.
«Il rischio è molto grosso, non gioisco in nessun modo. Si rischia un impatto a cascata in Italia», afferma il vice ministro dell'Economia Carlo Calenda. Fa meglio del mercato - ed è la nona volta consecutiva - Fca, trainata da Jeep ma anche da Alfa Romeo. Il gruppo cresce del 20,34% a settembre (36.888 consegne) e del 17,5% nei nove mesi (339.360), con cinque modelli tra le top ten: Panda (auto più venduta in assoluto), Ypsilon, Punto, 500L e 500X.
Crescono anche le vendite di Fca sul mercato americano (+14% a settembre), ma dagli Usa arriva il no del 65% dei lavoratori americani all'accordo sul contratto di lavoro, firmato da Sergio Marchionne e dal presidente del sindacato Uaw, Dennis Williams. «Siamo delusi, ritenevamo di aver raggiunto, al termine di ore di dialogo e dibattito, un compromesso equo», commenta Fca.
Una sconfitta per Williams, considerato un possibile alleato nella partita aperta da Marchionne per una possibile fusione con General Motors. «È un esempio di democrazia sindacale e industriale da imitare - osserva il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini - visto che in Italia non è mai stato possibile permettere a tutti i dipendenti di potere votare sull'accordo che li riguarda senza ricatti».
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Il Messaggero