L'uomo che restituisce il corno ai rinoceronti

L'uomo che restituisce il corno ai rinoceronti
Johan Marais è un veterinario di Johannesburg che sta dedicando la sua vita ai rinoceronti. Il medico del Sudafrica ha fondato una organizzazione benefica, Saving the...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Johan Marais è un veterinario di Johannesburg che sta dedicando la sua vita ai rinoceronti. Il medico del Sudafrica ha fondato una organizzazione benefica, Saving the Survivors, che si occupa di ricostruire il muso degli animali che sono stati aggrediti dai bracconieri e poi abbandonati in fin di vita. Il corno di un rinoceronte, scrive l'Independent, ha un valore superiore a quello della cocaina e per questo rappresenta una merce molto invitante per i criminali e i trafficanti che alimentano il mercato nero nel continente e fuori da esso.

Un'attività che purtroppo va avanti da molto tempo e contro la quale si è fatto troppo poco. Negli anni Sessanta in Africa vivevano 70mila rinoceronti, ora sono meno di 25mila. Secondo l'associazione di Marais ogni anno vengono uccisi mille esemplari. Numeri che preoccupano, soprattutto perché è in Africa che vive l'80% della popolazione mondiale di questi animali. Il veterinario si trova spesso di fronte a situazioni estreme, in cui gli animali sono stati colpiti da arma da proiettili o aperti con armi da taglio inesperte.

IL SOGNO

Cresciuto tra la Namibia e il Sudafrica, Johan è diventato un veterinario nel 1991 e in questi vent'anni si è messo alla prova in numerosi campi, dall'assistenza ai cavalli da corsa, all'insegnamento. La sua professionalità lo ha inoltre portato a diventare il presidente dell'associazione dei veterinari del Sudafrica. Una brillante carriera che però, probabilmente, non lo soddisfava fino in fondo. Il suo desiderio è diventato realtà quando ha messo in pratica un sogno coltivato da tempo: concretizzare la lotta contro il bracconaggio. Insieme ad altri colleghi fidati, nel 2012 ha creato Saving the survivors con l'obiettivo di salvare gli animali vittime delle sempre più numerose bande di spietati criminali.

È soprattutto ai rinoceronti che l'associazione riesce a dare una seconda vita: ogni caso che viene affrontato dalla clinica, si legge sul sito, «è unico, e mette alla prova le abilità del team». Molti degli animali vengono curati direttamente sul posto perché trasportarli aumenterebbe il rischio e il trauma causato dall'aggressione. Nel caso dei rinoceronti, l'intervento delle squadre di esperti è fondamentale perché il corno è composto di keratina, la stessa sostanza contenuta nelle unghie, e questo significa che possono ricrescere se gli animali vengono opportunamente medicati. «Quando abbiamo iniziato nel 2012 ha raccontato il veterinario all'Independent vedevamo molti rinoceronti colpitis da armi da fuoco o con i musi quasi strappati. Per questo abbiamo deciso di focalizzarci su di loro».

Pescara, presi i bracconieri della pesca delle anguille: arrivavano da Napoli

 

 

LE FERITE

Quando ricevono le segnalazioni al telefono spesso dalle autorità o dai passanti i veterinari dell'associazione raggiungono l'animale più in fretta che possono. «Se dista più di due ore - racconta - cerchiamo di prendere un elicottero o un aereo. Appena arrivati sul posto immobilizzano l'animale e cominciano a curare la ferita spesso causata da armi da fuoco o da armi da taglio. Molti di loro, inoltre, hanno fratture da sistemare.

«Quando abbiamo iniziato la più grande difficoltà era data dal fatto che non sapevamo come curare certe ferite profonde, oltre al fatto che la pelle è estremamente spessa e dura - continua il veterinario -. Non riuscivamo pertanto a penetrarla con gli strumenti di cui disponevamo. Ci chiedevamo: se curiamo con dell'antibiotico o altri medicinali, come possiamo poi coprire la ferita? Come la proteggiamo? Abbiamo dovuto lavorare con degli ingegneri per cercare di trovare una soluzione». In questi anni,dice ancora il chirurgo, il suo impegno e la sua dedizione hanno attirato milioni di donatori che sostengono la sua attività. Oggi insieme a lui lavorano altri quattro veterinari.

 

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero