Torna l’incubo Michael Cohen per il presidente Usa. Il Congresso: ora sentiamo Ivanka e Donald jr.

Torna l’incubo Michael Cohen per il presidente Usa. Il Congresso: ora sentiamo Ivanka e Donald jr.
Donald Trump sperava di vincere il Nobel per la pace. Aveva lui stesso chiesto al premier giapponese Shinzo Abe di presentare la sua candidatura, nella convinzione che il summit...

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Donald Trump sperava di vincere il Nobel per la pace. Aveva lui stesso chiesto al premier giapponese Shinzo Abe di presentare la sua candidatura, nella convinzione che il summit con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un avrebbe fruttato un accordo. Doppiamente aspra dunque è la sconfitta che il presidente si porta a casa, tenuto conto che torna in una Washington quanto mai divisa e in subbuglio, in cui la parola “impeachment” viene non più solo bisbigliata. Pensare che ci sono voci, anche fra i democratici, che invece sono contente del buco nell’acqua ad Hanoi, perché in molti temevano che Trump avrebbe concesso troppo, pur di poter firmare un accordo e avere le foto del “trionfo” in giro per il mondo. Per costoro, Trump ha dimostrato “buon senso”.

LA RABBIA
Purtroppo lui non la vede così, e lo fa capire. E la rabbia per quella che il “grande negoziatore”, come lui stesso si è autodefinito, considera una sconfitta, si coniuga alla rabbia per la deposizione del suo ex avvocato Michael Cohen. E il Congresso vuole andare sino in fondo: vuol sentire anche Ivanka e Donald jr. Cohen mercoledì davanti alla Commissione Controllo della Camera ha vuotato il sacco su varie malefatte che Trump avrebbe compiuto negli anni scorsi. Cohen, che in maggio entrerà in prigione per tre anni, essendosi riconosciuto colpevole di frode bancaria e fiscale, oltre che di aver giurato il falso e di aver violato le leggi sul finanziamento elettorale, è stato brutalmente attaccato dai repubblicani, come un mentitore. Tuttavia se di una cosa si può star certi è proprio che Cohen non mentiva: l’accordo da lui sottoscritto con il procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller e con il procuratore federale di New York prevede la sua “piena e onesta collaborazione”, e se dovesse pronunciare una menzogna, quei tre anni di prigione diventerebbero almeno 20, come è appena successo all’altro ex dipendente di Donald Trump, Paul Manafort. Se dunque si dà per scontato che Cohen non può aver mentito, la sua testimonianza promette che Trump sarà da oggi in poi sottoposto a uno stillicidio di indagini da parte della Camera, oggi democratica. Durante l’audizione, vari deputati hanno infatti chiesto all’ex avvocato chi altri, nel campo di Trump, avrebbe informazioni sulle presunte frodi commesse da Trump, e lui ha elencato i nomi, a partire dal chief financial officer dell’organizzazione Trump, Allen Weisselberg. Cohen ne ha elencate tante di frodi: sia sulla fondazione di beneficenza, che sulle tasse e sulle assicurazioni, frodi contro banche e contro i fornitori.
LE MINACCE

Ha raccontato che Trump lo aveva spedito almeno 500 volte a “minacciare” persone che potevano diventare un problema, che lo aveva spinto a mentire, e che i figli ne erano al corrente. Mentre si aspetta il risultato delle indagini di Robert Mueller e del procuratore di New York, tuttavia, la speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha buttato acqua sulle ipotesi di un procedimento di impeachment: «Non andremo su quella strada – ha detto - Ci sono due inchieste in corso, di cui aspettiamo il risultato. Vediamo i fatti, prima di parlare di un procedimento che dividerebbe la Nazione». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero