«Il mio rapporto non discolpa totalmente Donald Trump sull'ostruzione della giustizia». Con queste parole l'ex procuratore speciale del Russiagate Robert...
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Russiagate, Mueller: «Non escludo che Trump abbia commesso reati»
Russiagate, le interferenze di Mosca «ci furono ma Trump non è colluso»
Trump: «Testimonianza disastro per Dem e reputazione Mueller». Questa testimonianza «è stato un disastro per i democratici e un disastro per la reputazione di Robert Mueller»: Donald Trump ha twittato questo intervento di Chris Wallace, commentatore della Fox.
Mueller ha esordito ricordando le oltre 30 incriminazioni nelle indagini, tra cui dodici 007 russi, e ribadendo che «il governo di Mosca ha interferito nelle nostre elezioni in modo ampio e sistematico», convinto di «trarre beneficio dall' elezione di uno dei due candidati: Trump». Questo mentre da Mosca il vice ministro degli esteri Serghiei Riabkov si ostinava a negare interferenze passate e future. Poi Mueller ha ammesso che nell'inchiesta non sono state trovate prove sufficienti di una cospirazione della campagna di Trump con Mosca, sottolineando però che cospirazione e collusione non sono sinonimi e che le indagini «non hanno affrontato la collusione, che non è un termine legale», contraddicendo così quanto sostenuto dal presidente. Quindi si è lasciato scappare due frasi che potrebbero riaprire lo scenario di un impeachment. Incalzato dal presidente della commissione giustizia Jerry Nadler, che gli chiedeva se il suo rapporto «esonerava totalmente» il presidente dall' ostruzione della giustizia, l'ex superprocuratore ha risposto secco: «non è quello che dice il rapporto».
Mueller ha ricordato che sono state individuate 10 potenziali istanze di ostruzione della giustizia, ma che «in base alle linee guida del ministero della giustizia (che impediscono di incriminare un presidente in carica, ndr), abbiamo deciso di non prendere una decisione se il presidente ha commesso un crimine». Ma, a domanda, ha risposto che Trump «potrebbe essere incriminato dopo il suo mandato» dal ministero della giustizia. Il Congresso però ha i poteri per farlo anche ora, con la messa in stato d'accusa. E, dopo la deposizione di Mueller, pare inevitabile che si riaccenda il dibattito sull'impeachment, che finora ha diviso i democratici, con la leadership a frenare nel timore di un boomerang politico, come successe con Bill Clinton. Del resto l'ex procuratore speciale ha ribadito in aula che il presidente tentò di proteggere se stesso chiedendo allo staff di falsificare documenti rilevanti per le indagini, comprese le pressioni sull'allora avvocato della Casa Bianca Donald McGahn, cui aveva già chiesto di far silurare lo stesso Mueller.
L'ex super magistrato ha smentito anche l'affermazione di Trump secondo cui gli aveva respinto la richiesta di tornare a fare il capo dell'Fbi, rifiuto che sarebbe stato un conflitto di interesse nelle indagini. Mueller ha sostenuto che parlò dell' incarico «ma non come candidato». A 'Donald' non è rimasto che scaricare la sua rabbia su Twitter, attaccando Mueller, i democratici e «la più grande caccia alle streghe nella storia Usa», mentre la Casa Bianca ha bollato l'audizione come «un imbarazzo epico per i democratici».
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Il Messaggero