Ammette di aver lavorato con Rudolph Giuliani su ordine del presidente Donald Trump per fare pressioni sull'Ucraina. L'ambasciatore Usa presso la Ue, Gordon Sondland, vuota il...
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«Giuliani - afferma Sondland - chiese che l'Ucraina facesse una dichiarazione pubblica annunciando delle indagini» sia sulle elezioni presidenziali americane del 2016 sia sulla Burisma, la società in cui aveva lavorato il figlio dell'ex vicepresidente Joe Biden. «Giuliani stava esprimendo un desiderio del presidente e noi sapevamo che queste indagini erano importanti per il presidente», aggiunge Sondland, che parla di una email che inviò al segretario di Stato Mike Pompeo, al segretario all'energia Rick Perry e al capo dello staff della Casa Bianca Mick Mulvaney per informarli di aver parlato con Zelensky e che questi intendeva avviare delle «indagini trasparenti». La mail era del 19 luglio, una settimana prima della telefonata tra Trump e Zelensky.
«Ho agito in buona fede seguendo le direttive del presidente»: l'ambasciatore Usa alla Ue Gordon Sondland si è difeso così deponendo nell'indagine di impeachment alla Camera, precisando di essere stato contrario al blocco degli aiuti Usa a Kiev nel momento in cui venne a sapere che era legato all'apertura di un'inchiesta sui Biden. «Non eravamo contenti dell'ordine di Trump di parlare con Rudy Giuliani. Non volevamo il suo coinvolgimento. Io pensavo, e penso, che siano gli uomini e le donne del dipartimento di Stato, e non l'avvocato personale del presidente, a dover prendersi la responsabilità degli affari ucraini», ha detto.
«Potevamo abbandonare gli sforzi di programmare una telefonata e una visita alla Casa Bianca tra Trump e Zelensky, che era senza dubbio nell'interesse della nostra politica estera, o fare come aveva ordinato Trump. Scegliemmo la seconda strada, non perché ci piacesse, ma perché era l'unica via costruttiva per noi», ha aggiunto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero