Nei giorni scorsi Evie Amati è stata condannata a nove anni di carcere per tentato omicidio, dopo aver aggredito a caso tre persone in un minimarket con una grossa ascia....
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Amati si è dichiarata non colpevole per motivi di salute mentale. Il suo avvocato Charles Waterstreet ha detto che “il disordine” nella sua mente è stato un attenuante. La donna transgender è stata giudicata colpevole, ma la pena è stata ridotta. Ma riavvolgiamo il nastro della vicenda: la telecamera di sicurezza ha catturato Amati mentre arriva con una grossa ascia in mano, entra nel market, gira tra gli scaffali e poi colpisce Ben Rimmer alla faccia e Sharon Hacker nella parte posteriore della testa. La ventiseienne ha poi fatto oscillare l’arma altre due volte contro un altro uomo, Shane Redwood, fuori dal negozio. Il giudice Williams, ha sottolineato «il rischio di morte per le vittime è stato altissimo, si sono salvati per pura fortuna». La Amati ha raccontato di aver fatto uso quel giorno di un mix di farmaci ormonali, cannabis, anfetamine e alcol. «Non sapevo quello che stavo facendo». La sera era stata con degli amici di una sua amica a bere e consumare droghe. Ma quando il gruppo si è accorto del fatto che «ero una transgender mi sono sentita osservata sono diventata ansiosa. Mi guardavano come se avevo la lebbra».
E così a notte fonda, fuori controllo, si è armata di ascia e coltello e si è diretta nell’area di servizio dove c’è il supermarket. Ha fatto un breve giro e poi ha colpito le persone che ha trovato a tiro mentre erano in fila alla cassa. Quando è stata arrestata ha detto «di non ricordare nulla dell’aggressione». Il giudice ha preso in considerazione i problemi di salute mentale di Amati, inclusa una storia di tentati suicidi e disforia di genere o meglio conosciuto come disturbo dell’identità di genere. E ha spiegato che “il caos e il disordine nella sua mente” sono stati un attenuante a favore di Amati, ma non ha minimizzato la gravità dell’aggressione o la sofferenza delle vittime. Che ancora oggi hanno gravi problemi per quello che hanno subito. «Se non avessi voltato la testa all’ultimo minuto - racconta Ben Rimmer - me l’avrebbe tagliata a metà». E ha poi aggiunto: «È venuta lì per uccidere. È solo pura fortuna se sono vivo. Non si è mai pentita. È intelligente e calcolatrice. Alla fine si farà pochissimo carcere e sarà rilasciata già a metà del 2021. Per lei è andata meglio di quanto sperasse. Ma noi non possiamo accettarlo e ci batteremo per cambiare le cose». Ben ha lanciato una petizione su change.org per fare appello alla condanna di Amati. Lui passerà il resto della sua vita con quattro piastre di titanio sul viso, tra cui una orbitale che si muove e che può sentire ogni volta che si tocca il viso. «Non è giusto che finisca così». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero