Dopo il caos in cui è precipitato il governo britannico dopo che Theresa May ha annullato il voto per la Brexit che era previsto ieri ai Comuni, i tories ribelli hanno...
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«La soglia richiesta del 15% dei deputati per la richiesta di un voto di sfiducia per il leader conservatore è stata superata», si è limitato a dire, nel suo comunicato, Brady, riferendosi a quanto stabilito dal regolamento del partito, ma senza precisare quante richieste, e quindi sicuri voti contro la May nella votazione all'interno del gruppo parlamentare, ha ricevuto. Il primo ministro questa sera avrà bisogno dei voti di almeno 158 dei 315 deputati tories per rimanere alla guida del partito, ed in questo caso la sua leadership non potrà essere sfidata per almeno un altro. In caso contrario, cioè se non dovesse raggiungere la maggioranza, allora si dovrà eleggere un nuovo leader del Partito - e quindi nuovo premier dal momento che i Tories sono il primo partito ai Comuni - in una sfida alla quale May non potrà partecipare. Ma c'è anche una terza possibilità, quella che la May questa sera riesca ad ottenere solo una maggioranza risicata, troppo vicina ad una vera sfiducia, e quindi decida di dimettersi.
Il primo ministro britannico Theresa May. «Un cambio di leadership nel Partito Conservatore adesso» avrebbe conseguenze sull'accordo sulla Brexit, che «un nuovo leader non avrebbe tempo di rinegoziare», e «metterebbe a rischio il futuro del nostro Paese causando un'incertezza che non siamo in grado di sostenere», ha commentato la premier britannica Theresa May nell'annunciare la sua determinazione di affrontare la sfida per la leadership del partito opponendosi alla sfiducia con «tutto quello che ho a disposizione». May, in un discorso tenuto di fronte al numero 10 di Downing Street, ha confermato di aver ricevuto oggi comunicazione da Graham Brady, presidente del comitato 1922 - l'organo interno al partito incaricato di gestire la competizione interna per la leadership - del raggiungimento del quorum. E di aver rinunciato a un faccia a faccia con il premier irlandese Leo Varadkar a Dublino dopo gli incontri di ieri a Bruxelles e altrove per cercare di ottenere nuove rassicurazioni sull'accordo per la Brexit. «Resterò invece a Londra per sostenere la mia posizione oggi di fronte ai colleghi», ha affermato, ricordando di far parte dei Tories «da 40 anni» e di credere in «un partito moderato e pragmatico». Un ipotetico «nuovo leader non sarebbe in carica per la scadenza legale del 21 gennaio», fissata dal governo per la comunicazione finale al parlamento sui negoziati con l'Ue e di un eventuale 'no deal', ha ammonito, col «rischio di passare il controllo dei negoziati sulla Brexit all'opposizione» e di consentirle di «ritardare e magari fermare» il divorzio.
«Il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker ha ascoltato con attenzione la premier Theresa May, i passi successivi saranno discussi al Consiglio europeo di domani». Così il portavoce dell'esecutivo comunitario Margaritis Schinas sull'incontro di ieri sera tra Juncker e May.
Il voto di sfiducia. È una partita interna al gruppo Tory alla Camera dei Comuni, dunque, quella che deciderà stasera la sfida lanciata alla premier britannica Theresa May in veste di leader di partito.
Il Messaggero