La terza guerra mondiale «è iniziata, quella in Ucraina è finita». Tv di stato russa lancia nuova minaccia

Le dichiarazioni in prima serata della giornalista Olga Skabeyeva alla tv di stato del Cremlino

«È iniziata la terza guerra mondiale, dobbiamo demilitarizzare la Nato» la frase choc della giornalista russa
«Forse è tempo di ammettere che l'operazione militare speciale in Ucraina è finita, nel senso che una vera guerra è iniziata. È la terza...

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«Forse è tempo di ammettere che l'operazione militare speciale in Ucraina è finita, nel senso che una vera guerra è iniziata. È la terza guerra mondiale. Ora siamo obbligati a demilitarizzare la Nato». Sono le parole choc della giornalista Olga Skabeyeva del canale governativo russo Rossiya-1 

Mentre Skabeyeva pronuncia queste parole, persino gli altri ospiti in studio hanno volti turbati e preoccupati. Il video della dichiarazione è diventato virale su Twitter e Youtube in queste ore.

La conduttrice ha poi continuato il suo discorso affermando che le forniture di armi dell'Occidente saranno la causa di un'escalation globale del conflitto. Skabeyeva cita numeri e modelli delle armi europee e americane utilizzate dagli ucraini: tra gli altri i veicoli di supporto tattico Wolfhound e le mitragliatrici pesanti Browning di fabbricazione britannica, gli obici americani M777

 

Non è la prima volta che nel canale Rosaya 1 vanno in onda minacce all'occidente: un mese fa nella stessa rete un giornalista aveva parlato apertamente delle conseguenze che un bombardamento nucleare avrebbe in Europa, con tanto di cartina per far vedere la traiettoria di missili Samarat (usati per trasportare le testate nucleari russe) verso Londra, Parigi e Berlino. 

La propaganda del governatore del Lugansk 

Parallelamente alle minacce la propaganda russa si nutre anche di dichiarazioni politiche, come le affermazioni del capo della Repubblica popolare di Lugansk Leonid Pasechnik, che ha affermato cche gli ucraini erano responsabili dell'odio per la Russia e che gli abitanti di quelle regioni li hanno accolti come liberatori.

 

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Il Messaggero