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Nella zona di Lyman, l'8 novembre alle 15:10, un soldato russo di nome Andrey ha chiamato - ignorando gli ordini dei superiori - sua madre con un cellulare non autorizzato. «Nessuno ci dà da mangiare, mamma. La nostra fornitura è m..., ad essere onesti. Attingiamo acqua dalle pozzanghere, poi la filtriamo e la beviamo». Tra le confidenze, anche quella di non avere munizione per provare a ribaltare la battaglia: infatti la città di Lyman, presa dai russi a maggio, era stata liberata dalle forze ucraine a ottobre. «Dove sono i missili di cui si vantava Putin? C'è un grattacielo proprio di fronte a noi. I nostri soldati non possono colpirlo. Abbiamo bisogno di un missile da crociera Calibr e basta».
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Le altre telefonate intercettate
Andrey ha rassicurato sua madre, che vive a Kostroma, una città a 310 miglia a nord-est di Mosca, che sarebbe andato tutto bene. «Dico sempre preghiere mamma, ogni mattina», si legge sul Guardian, che ha avuto accesso alle conversazioni. Altre conversazioni del 6 novembre tra un padre e i colleghi di suo figlio, Andrei, che era stato ucciso prestando servizio «Rinforzi no, comunicazione no», ha risposto un soldato alle domande del genitore in lutto sullo stato degli uomini sopravvissuti a un assalto ucraino. «Hanno detto che non potevamo ritirarci. Altrimenti saremmo stati fucilati».
In una terza intercettazione del 26 ottobre un soldato nella regione di Donetsk racconta a sua moglie come era fuggito con altri tre dallo spargimento di sangue e stava contemplando la resa. «Sono in un sacco a pelo, tutto bagnato. Così saremo massacrati». E sono solo tre delle migliaia di chiamate tra soldati in trincea o posizioni avanzate che gli esperti ucraini hanno intercettato, analizzato alla ricerca di frammenti di intelligence e poi, lì dove c'era un valore propagandistico, reso pubbliche.
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