Li aveva legati una passione comune, raccontare alla radio l'Europa, e li ha legati per sempre il destino. Anche Bartek, l'amico e collega di Antonio Megalizzi che era con...
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Le due giovani donne sono riuscite a scappare. Per Antonio a Bartek, di origini franco-polacche, non c'è stato scampo: entrambi colpiti alla testa in modo molto grave hanno lottato per giorni in ospedale. Antonio a Strasburgo aveva trovato alloggio proprio a casa di Barto. Nei giorni scorsi, ricordando Megalizzi, gli amici avevano parlato anche di lui: «Ricorderò tutto, anche le nostre chiacchierate con Bartek e i suoi folli tour culturali per Strasburgo che prendevamo in giro ma in fondo amavamo», scriveva qualcuno in una lettera all'amico scomparso. Barto Pedro Orent-Niedzielski, 35 anni, era rimasto fino ad oggi in coma profondo. Non si era mai più svegliato da martedì sera quanto Cherif Chekatt gli aveva puntato la pistola in fronte e aveva fatto fuoco. «Il suo cuore si è fermato dopo cinque giorni di coma profondo» ha raccontato una persona che ha parlato con la mamma di Bartek, Dorota Odent, a Le Monde. La donna e il fratello di Bartek avevano deciso di non staccare le macchine che lo mantenevano in vita in modo di permettere a tutti gli amici di andarlo a salutare all'ospedale di Hautepierre, lo stesso dove era ricoverato anche l'amico trentino a Strasburgo. E una fila lunghissima, ininterrotta, di amici si è formata per andare a dirgli addio, riferiscono diversi testimoni, prima della drammatica decisione di staccare la spina. Bartek era di Strasburgo, impegnato e attivo in molte cause tra cui quella Lgbt, per la cultura Yiddish e per le radio libere. Ma per tutti, lui che parlava molte lingue e voleva aprire un ostello linguistico nella città francese, era «cittadino del mondo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero