Sanchez e Iglesias possono davvero governare la Spagna? Ecco i numeri che allarmano i socialisti

Sanchez e Iglesias
Il patto tra Sanchez e Podemos basterà a garantire una maggioranza di governo per la Spagna? Forse sì, ma a a condizione che siano rispettate una serie di variabili,...

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Il patto tra Sanchez e Podemos basterà a garantire una maggioranza di governo per la Spagna? Forse sì, ma a a condizione che siano rispettate una serie di variabili, perché i numeri sono davvero in bilico. La maggioranza assoluta nel “Congreso” (la Camera dei deputati spagnola) è di 176 voti, e in totale i due partiti della nuova coalizione possono contare soltanto su 155 seggi. A questi però si aggiungeranno con discreta sicurezza i 3 deputati di Màs Paìs (formazione nata da una costola di Podemos e pronta a rientrare in un accordo con i due partiti di sinistra), i 2 di Nueva Canarias, l'unico eletto della provincia di Teruel, e i 7 del Partito nazionalista basco, che non dovrebbe avere problemi a trattare le condizioni per una partecipazione alla maggioranza. Tutti insieme queste liste possono contare 168 voti.


Per assicurare al governo progressista un'agibilità in Parlamento, diventa necessaria a questo punto l'astensione di qualche altra formazione. Sanchez ieri sperava di ottenerla da Ciudadanos, il partito moderato che, pur essendo uscito penalizzato dalle urne (ha praticamente dimezzato i suoi consensi in pochi mesi) può ancora far valere 10 deputati. Ma Ciudadanos ha già annunciato che non accetterà in nessun caso di votare scheda bianca a un governo di sinistra. Dunque per il Partito socialista e Podemos non resta che una possibilità: ottenere l'astensione dei partiti catalani. I quali si sono dichiarati da subito disponibili a trattare, ma è evidente che concederanno il loro via libera solo in cambio di qualche concreto atto nei confronti delle loro istanze indipendentiste. 

In campagna elettorale Pedro Sanchez ha avuto una posizione molto rigida verso le richieste che arrivavano da Barcellona. Ora si troverà costretto a cambiare atteggiamento. Così proprio il governo che nasce in nome della “unità nazionale” sarà probabilmente quello più generoso verso gli autonomisti che vogliono dividere il Paese. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero