Il passaporto e due documenti di riconoscimento universitari. Materiale di Giulio Regeni, il ricercatore sequestrato e ucciso al Cairo nel 2016, ora in possesso degli inquirenti...
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Regeni, Conte alla commissione d'inchiesta: «Da Al Sisi disponibilità a collaborare, ma ora fatti. Mai una visita ufficiale in Egitto senza la verità»
E ancora: un marsupio rosso con lo scudetto dell'Italia, alcuni occhiali da sole (di cui due modelli da donna), un cellulare, un pezzo di hashish, un orologio, un bancomat e due borselli neri di cui uno con la scritta Love. In passato i genitori di Giulio, assisti dall'avvocato Alessandra Ballerini, hanno compiuto una perizia sulle foto da cui è emerso che solo i documenti di riconoscimento sono del ricercatore mentre l'altro materiale, come ad esempio gli occhiali da donna e la droga, è stata ritenuta forse funzionale ad avvalorare false piste per insabbiare la verità e depistare le indagini. Non è escluso che i genitori di Giulio Regeni vengano convocati a breve per effettuare un nuovo riconoscimento degli oggetti giunti dal Cairo nelle scorse ore. Nei giorni scorsi sul punto Claudio e Paola Regeni, genitori del ricercatore, non avevano utilizzato mezze parole.
«Non intendiamo più farci prendere in giro dall'Egitto: non basterà inviarci quattro cianfrusaglie, indumenti vari e chiacchiere o carta inutile. Basta atti simbolici, il tempo è scaduto», avevano affermato nel corso di una intervista televisiva chiedendo alle autorità nordafricane «una risposta esaustiva a tutti i punti della rogatoria inviata dalla Procura di Roma nell'aprile del 2019, rimasta priva di risposta». Risposte che potrebbero arrivare nel corso del vertice di luglio e che riguardano, in primo luogo, l'elezione di domicilio dei cinque funzionari degli apparati egiziani indagati. Si tratta del generale Sabir Tareq, dei colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal, del maggiore Magdi Sharif e dell'agente Mhamoud Najem. Sono loro, secondo quanto accertato da Ros e Sco, ad avere organizzato e portato a termine il sequestro di Regeni nel gennaio del 2016. Se le autorità egiziane dovessero accogliere la richiesta, contenuta nella rogatoria, potrebbe aprirsi uno spiraglio per un eventuale processo a carico dei cinque.
Il Messaggero