Putin, l'appello del soldato russo prigioniero: «Qui ci uccidono e la colpa è sua, deve finirla»

Putin, l'appello del soldato russo prigioniero: «Qui ci uccidono e la colpa è sua, deve finirla»
«Io non pensavo che fosse una cosa seria quella di invadere l'Ucraina. Ci avevano sempre detto che i coscritti non li avrebbero mandati in guerra, invece ci hanno...

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«Io non pensavo che fosse una cosa seria quella di invadere l'Ucraina. Ci avevano sempre detto che i coscritti non li avrebbero mandati in guerra, invece ci hanno mentito». A dirlo è un giovane soldato russo ferito nel conflitto e poi fatto prigioniero. «Nonostante ci trattino bene, sono invidioso di chi del mio esercito, avendo soldi, è riuscito a corrompere il comandante, per non venire qui in Ucraina. Evidentemente loro sapevano cosa sarebbe successo», ha spiegato in una conferenza stampa organizzata dall'Ukraine Media Center Mykola Valentinovych.

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La storia del soldato

Valentinovych ha raccontato tutta la sua storia: nato e cresciuto in un piccolo villaggio della Russia occidentale, ha iniziato la leva regolare alla fine di giugno 2021. Dopo due mesi di servizio in una divisione di artiglieria, il ragazzo all'inizio di febbraio 2022 è stato impegnato in esercitazioni nella regione russa di Kursk, vicino al confine con l'Ucraina.

Il giovanissimo soldato si è rivolto direttamente a Putin: «Signor presidente della Federazione Russa, non capisco perché diciate che qui non ci sono coscritti. Perché ci hanno mandato qui? Qui ci uccidono e credo che la colpa di questo sia sua. Le chiedo di finirla». Valentinovych ha raccontato di problemi di mancanza di carburante e di cibo, dei compagni morti e del suo ferimento. Dopo le cure, vicino alla città ucraina di Romny, il tentativo di tornare in Russia, fermato dalla cattura, il 7 marzo. «Viaggiavamo alla fine della colonna e per qualche motivo ci siamo allontanati. Il comando ci ha lasciato e ci siamo ritrovati accerchiati, così il medico ha deciso che ci saremmo arresi. Credo che sia colpa del comando che non ha pensato a noi feriti».

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Il Messaggero