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Una mossa di grande astuzia o una reale ultima volontà. Difficile dirlo. Fatto sta che Alan Miller, condannato a morte in Alabama per aver ucciso tre persone sul posto di lavoro nel 1999, sta per il momento vincendo la sua battaglia per restare in vita. E lo sta facendo sfruttando una falla del sistema penitenziario dello Stato. L'uomo avrebbe infatti scelto di essere giustiziato per ipossia da azoto, un sistema che la giustizia dell'Alabama ha sperimentato per un po', rendendolo finanche opzionabile tra i metodi di esecuzione, salvo poi fare marcia indietro per l'impossibilità di attuare le procedure più corrette. E' proprio in quella brevissima finestra in cui l'azoto era fra le scelte possibili per i condannati a morte – correva l'anno 2018 - che Miller afferma di aver compilato il modulo che dava la scelta al detenuto e di averlo restituito attraverso la fessura della porta della sua cella. Dunque il condannato non sa chi lo abbia raccolto – ammesso che la ricostruzione sia veritiera – e del modulo firmato si sono perse le tracce. Fatto sta che il giudice federale lunedì scorso ha bloccato l'esecuzione «perché se Miller venisse giustiziato con l'iniezione letale sarebbe costretto a morire con un metodo che ha cercato di evitare». «La ferita sarà la perdita della sua “dignità finale”: la scelta della sua morte» ha scritto il giudice distrettuale degli Stati Uniti R. Austin Huffaker Jr. L'Alabama è stato dunque costretto a sospendere l'esecuzione e non è chiaro se il procuratore generale dello Stato sia intenzionato a impugnare la decisione.
Il no all'iniezione
L'ipossia da azoto è un metodo di esecuzione realizzato con l'inalazione dell'azoto in luogo dell'ossigeno. Una tecnica che porta prima a uno stordimento, quindi a uno stato di incoscienza e infine alla morte per soffocamento. Questo metodo – che secondo i sostenitori sarebbe più “umano” rispetto all'iniezione - è stata autorizzata in Alabama e in altri due Stati ma non è mai stata utilizzata per un problema molto semplice: non è mai stato possibile testarla “eticamente”. «L'ipossia da azoto è sperimentale, non è mai stata fatta prima e nessuno ha idea se funzionerà nel modo in cui i suoi sostenitori dicono che funzionerà – ha spiegato tempo fa a Newsweek Robert Dunham, direttore esecutivo del Centro d'Informazione sulla pena di morte - E non c'è modo di testarlo perché è completamente immorale uccidere qualcuno sperimentalmente». Non si sa nemmeno se realizzarla con una comune maschera da ospedale che faccia inalare al condannato l'azoto invece dell'ossigeno o se ripristinare le vecchie camere a gas usate un tempo con il cianuro.
Il Messaggero