La caduta del Muro vista dallo scrittore dell'Est: «Noi volevamo solo viaggiare, non diventare occidentali»

Ingo Schulze
BERLINO - Ingo Schulze è una delle voci più autorevoli fra gli scrittori nati nella ex Ddr. Nato a Dresda nel 1962, aveva 24 anni quando è caduto il Muro di...

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BERLINO - Ingo Schulze è una delle voci più autorevoli fra gli scrittori nati nella ex Ddr. Nato a Dresda nel 1962, aveva 24 anni quando è caduto il Muro di Berlino, la capitale della Germania unificata, dove vive dal 1993. Pur muovendo forti critiche al regime comunista di Berlino Est, non ha abiurato i valori del socialismo ed è tutt’oggi su posizioni di sinistra. I suoi libri sono tradotti in oltre 30 lingue. In Italia sono pubblicati prevalentemente da Feltrinelli (33 anni di felicità, Semplici storie, Vite Nuove, Bolero berlinese, Adam e Evelyne Arance e angeli, Peter Holtz, Autoritratto di un uomo felice, Siete giunti a destinazione, I vostri bei vestiti nuovi). Per lui l'anniversario della caduta del Muro è stato un motivo di gioia, ma non solo. «Sì, certo, ma è sbagliato ridurre la Rivoluzione pacifica del 1989 solo alla caduta del Muro. I veri eventi determinanti si sono verificati prima. Il giorno decisivo è stato il 9 ottobre a Lipsia (teatro della prima, massiccia dimostrazione popolare contro il regime ndr.). Sin dall’inizio il tema era la libertà di viaggiare, ma non l’Unificazione in qualsivoglia forma. Non si trattava di diventare come l’Occidente. Le richieste che hanno spinto allora la gente sulla strada avevano come obbiettivo un socialismo democratico».


Che bilancio fa della situazione oggi in Germania e nei nuovi Bundesländer in particolare? Come vive una generazione nata e cresciuta nel comunismo, che si ritrova ora in un altro mondo e in un altro sistema.
«Sono nato e cresciuto in uno Stato che aveva connotati dittatoriali e protettivo repressivi. Nella vita di tutti i giorni erano proprio queste caratteristiche di Stato protettivo repressivo che si manifestavano con più evidenza. Una vera dittatura non la si può semplicemente ignorare e far finta che non esista. Abbiamo effettivamente conquistato il potere in un modo incredibile. Ma poi purtroppo, ancorché, va detto, con decisioni prese democraticamente a maggioranza, lo abbiamo ceduto molto velocemente al governo federale di Bonn. Per questo si è arrivati alla fine solo a una adesione, non a una unificazione dei due stati. L’adesione ha portato un mercato altamente sovvenzionato dallo Stato e senza concorrenza. Se si guarda ai rapporti di proprietà e alle nomine in posizioni apicali dopo l’Unificazione, beh assomiglia molto piuttosto a una colonizzazione».

 Come giudica la situazione oggi nei Länder dell’Est dove il partito di estrema destra AfD miete grandi successi?

«Vorrei solo premettere che la destra nazionalista non è solo un fenomeno dei Länder orientali. Il personale dirigente e soprattutto il denaro arriva dall‘Ovest. Per dirla chiaramente, c’è tutto un insieme di ragioni all’origine di questo sviluppo. Una di queste è la mancanza di una vera alternativa di sinistra. Il che dipende dalla linea della Spd (il partito socialdemocratico alleato della Cdu della cancelliera Angela Merkel nella grande coalizione a Berlino ndr.) negli ultimi venti anni. Una linea che si distingue poco da quella della Merkel. Solo molto lentamente si ricomincia ora a vedere dei contorni differenti. E poi c’è naturalmente il problema Est-Ovest: quelli però che più di tutti ora gridano a squarciagola di essere pilotati dall’esterno, sono stati i primi che volevano una rapida adesione della Ddr alla Germania federale e il marco tedesco».
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Il Messaggero